Il Pensiero Unico avanza a passi pesanti. Chi non si omologa non viene più semplicemente isolato nel recinto dei reprobi da sussiegosi maitre-à-penser con barba da filosofo e/o villa a Capalbio, ma corre ormai il rischio di incorrere negli strali della Legge, sempre più spesso applicata dai vicini di testa e spesso di casa dei filosofi di cui sopra.
La giustificazione per tappare la bocca a chi si ostina a pensare con la propria testa (e quindi, per definizione, semplicemente a pensare) è la tutela dei diritti delle minoranze: in realtà è sempre più chiaro che il vero obiettivo è non solo far tacere le maggioranze intimidendole ma, più nel lungo termine, farle diventare minoranze, ovviamente non più tutelate.
Qualche esempio concreto su cui riflettere. Pensi che l'immigrazione clandestina sia un problema serio e che bisognerebbe arginarla? Risposta: intanto di clandestini non si deve più parlare, bensì di migranti. Eppoi sei razzista e certamente anche islamofobo. Ritieni che il matrimonio tra omosessuali sia un errore e che bastino e avanzino le garanzie giuridiche per le coppie dello stesso sesso senza arrivare alle nozze e al diritto di adottare figli o di averne per vie non naturali? Anatema secco: sei omofobo. Osi pensare che siamo stati fatti maschi e femmine come tutti gli altri esseri viventi e che questo implichi logiche conseguenze quali ad esempio che in caso di procreazione l'uomo fa il padre e la donna fa la madre? Anatema ancora: sei sessista e (ancora) omofobo. La nuova frontiera dei diritti delle donne, spiegano i maestri del nuovo Pensiero Unico, è la «decostruzione della complementarietà dei sessi», quindi ricordarsi che «il genere è nemico dell'uguaglianza» e regolarsi di conseguenza. Non sei persuaso che la religione musulmana sia sempre rispettosa della nostra e altrui libertà, magari osservando che certo non tutti gli islamici sono terroristi ma che quasi tutti i terroristi sono islamici? Islamofobo! E via così.
Chi, come chi scrive, ha una visione laica della vita prova un profondo disagio nell'apprendere che la forma più integralista di questo pensiero intollerante e bigotto, seppure senza Dio, viene proprio dalla Francia, il Paese della Laicité. Qui, in uno sconcertante controsenso rispetto al punto di partenza, il governo socialista lavora per compiere una «rivoluzione morbida» da applicarsi a partire dalle scuole: in tutte le scuole francesi è diventato obbligatorio esporre «in modo ben visibile» la Carta della Laicità, 15 articoli che ricordano il divieto di esibire simboli religiosi e la neutralità dello Stato rispetto alle credenze di ciascuno. In questo decalogo laicista «da illustrare ai genitori» si precisa che «la nazione affida alla scuola la missione di far condividere agli allievi i valori della Repubblica». L'obiettivo non è dunque proporre una morale laica, bensì imporla ostacolando di fatto le religioni e più in generale le tradizioni. Non più dunque secolarismo e libertà individuale in campo religioso e di pensiero, che sono l'essenza di una laicità liberale, ma (come si può leggere nel preoccupante libriccino «Morale laique») «una serie di principi a cui è necessario che tutti aderiscano», ovvero un sinistro obbligo di conformarsi a una moralità unica e approvata dallo Stato, che punta alla sua diffusione attraverso il lavaggio del cervello degli scolari e l'incoraggiamento alla delazione verso chi dissente. Orwelliano a dir poco.
Dopodiché, una cosa è la Francia e un'altra è l'Italia.
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