I marò: "Siamo italiani, ci comportiamo da italiani" Ma l’India non li scarcera

Senza risultati per ora la visita di Terzi Si fa strada però l’ipotesi di uno scontro a fuoco tra pescatori "concorrenti"

I marò: "Siamo italiani,  ci comportiamo da italiani"  Ma l’India non li scarcera

Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha incontrato i due marò agli arresti, ma dall’India ripartirà con un pugno di mosche, altro che imminente liberazione. Gli indiani non hanno alcuna intenzione di mollare i fucilieri del San Marco. Le prove come il calibro dei colpi che hanno ucciso i due pescatori, il colore del peschereccio coinvolto, che sarebbe diverso da quello respinto dai marò in servizio antipirateria, non saltano fuori. Però si fa strada un’altra ipotesi: i pescatori sono stati uccisi in uno scontro con «concorrenti» dello Sri Lanka. Non si tratta di casi isolati. Gli stessi indiani hanno più volte denunciato, anche nei commenti agli articoli sul caso dei marò, che «500 pescatori del Tamil Nadu sono stati uccisi dallo Sri Lanka» per il controllo delle zone di pesca nell’area.

La visita di Terzi in India era programmata da tempo e doveva servire a migliorare i rapporti, soprattutto economici, fra i due Paesi. L’attenzione si è focalizzata sul suo blitz a Kochi, dove sono detenuti i fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. A New Delhi, dopo l’incontro con il ministro degli Esteri S. M. Krishna, la conferenza stampa congiunta è suonata come campana a morto per il caso dei marò. «Ho spiegato molto francamente la posizione del governo (italiano ndr), che è basata sul diritto internazionale. C’é una differenza di opinioni sulla giurisdizione del caso, che non è stata risolta» ha spiegato Terzi. L’Italia sostiene che i marò possono venir processati solo nel nostro Paese tenendo conto che erano in servizio antipirateria approvato dall’Onu e che l’incidente è avvenuto in acque internazionali. Secondo New Delhi i marò vanno giudicati in loco perchè le vittime sono indiane. Non è servito un editoriale del ministro Terzi pubblicato sull’Hindu, il quotidiano più letto nel sud del Paese, in cui si ricorda che «marinai indiani ed italiani sono stati tenuti ostaggio insieme in Somalia per mesi e la loro liberazione è avvenuta dopo gli incessanti sforzi del governo italiano». Il ministro si riferisce al sequestro della petroliera «Savina Caylin», ma non spiega, avendo sempre negato che sia stato pagato un riscatto, cosa è veramente accaduto. I contractor incaricati dello scambio lanciarono da un piccolo aereo solo una parte dei soldi in mare ai somali controllando che l’equipaggio indiano venisse liberato per primo. I pirati volevano tenerseli per scambiarli con i loro amici catturati dalla marina di New Delhi. Poi gettarono le altre sacche per liberare gli ufficiali italiani e la nave. Il tutto davanti ad un’unità della nostra marina militare con a bordo incursori e marò pronti ad intervenire se qualcosa fosse andato storto.

A Kochi il ministro degli Esteri ha incontrato i marò detenuti per dieci minuti. «Mi hanno detto “siamo italiani e ci comportiamo da italiani”» ha dichiarato il ministro. Poi ha chiamato i familiari di Latorre e Girone per informarli che i due stanno bene. Terzi si è detto «profondamente colpito dalla qualità di questi nostri uomini in armi» e di averli trovati «in ottimo spirito, con grande coraggio e con ottimismo che questa situazione sia risolta rapidamente».

La decisiva perizia balistica, però, è ancora in alto mare. Il Tg5 ha mostrato una foto del peschereccio parlando di fori di proiettile di calibro 7,62, ovvero Kalashnikov. Le armi dei marò hanno il calibro 5,56 della Nato. Non solo: la traiettoria dei colpi appare dal basso verso l’alto, incompatibile con le raffiche sparate dal ponte di una petroliera decine di metri sopra il livello del mare. Anche per questo motivo si fa strada una nuova ipotesi, secondo fonti militari del Giornale che lavorano al caso. Nella zona del tonno, dove pescava il Saint Anthony coinvolto nell’incidente, sono usuali gli scontri armati tra indiani e cingalesi.

Per il controllo del mercato ittico si parla addirittura di 500 morti fra i pescatori indiani in anni di acredine. I pescatori sono spesso armati anche per contrastare i rivali dello Sri Lanka ed il fucile più usato a quelle latitudini è il Kalashnikov.

www.faustobiloslavo.eu

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica