In Europa, si sa, il prestigio dell'Italia è basso: per ovvie ragioni. Una delle accuse rivolteci è di mescolare la politica e l'economia, interferendo di continuo con la vita delle imprese. Si tratta di un'accusa senz'altro giusta, ma che suona un po' strana alla luce dei comportamenti che gli altri Paesi europei assumono quando ritengono che sia in gioco «l'interesse nazionale».
In questi giorni, ad esempio, il governo francese sta muovendosi in maniera «aggressiva» per evitare che il settore energia dell'Alstom sia ceduto alla General Electric invece che ai tedeschi della Siemens. Ieri è intervenuto apertamente Hollande, bollando l'offerta degli americani come «insufficente». Nei giorni scorsi sia Jeffrey Immelt sia Joe Kaeser, rispettivamente alla testa del gruppo americano e di quello tedesco, si erano recati all'Eliseo per parlare con François Holland e con i suoi collaboratori.
Tutto ciò si chiama «mercantilismo», una dottrina già in voga ai tempi di Luigi XVI e volta ad attribuire allo Stato il compito d'agire in prima persona in ogni settore dell'economia. Non solo questo pone le premesse per l'opportunismo delle imprese e il clientelismo dei politici, ma si basa sulla tesi - indifendibile - che i politici sappiano ciò che è bene e siano disposti a realizzarlo. In Francia questo ha prodotto una serie di disastri (dalla Bull al Concorde, per citare solo due casi), ma evidentemente non è bastato.
D'altra parte il ministro dell'economia d'Oltralpe, Arnaud Montebourg, è un socialista di nome e uno sciovinista di fatto. Pensa che il potere politico debba difendere il carattere nazionale dell'Alstom, e poco gli importa che solo 18 dei 93 mila dipendenti siano francesi. Ovviamente l'Alstom è una multinazionale, così come Siemens e General Electric, ed è sempre più anacronistica la pretesa di attribuire una nazionalità a tali gruppi. Per giunta, anche se avversa la globalizzazione, monsieur Montebourg sa che in Francia vi sono ben 20 mila imprese la cui sede non è in Francia e che danno lavoro a circa 2 milioni di persone.
Non è comunque solo Parigi a competere con l'interventismo italiano. Pure il Regno Unito si trova alle prese con una situazione in parte analoga, dato che l'opposizione laburista accusa il governo Cameron di sostenere il tentativo della Pfitzer di entrare in possesso di AstraZeneca. Qui potrebbe sembrare che lo scenario sia rovesciato, con il governo a lato di un acquirente straniero, ma in realtà anche in tale circostanza si registra come la politica sia incapace di restare fuori del mercato.
Alla luce di ciò, è bene prendere atto che se l'Europa è in crisi questo si deve anche al fatto che il capitalismo vive in stretta simbiosi con la politica: con conseguenze disastrose. I profitti si confondono con le rendite e il lavoro per soddisfare i consumatori con la corruzione derivante dalle protezioni di Stato.
Per giunta, è chiaro che l'Italia non è un'eccezione. I nostri governi ad esempio sbagliano quando difendono l'italianità di Alitalia e orientano - tramite la gestione degli aeroporti - le scelte imprenditoriali delle compagnie aeree. Le altre capitali non possono però farci la paternale. Ognuno guardi a casa propria e si sforzi di tenere le mani dei politici ben lontane dal mercato.
Infine, se le cose stanno in questi termini è bene che l'Italia si renda conto di essere troppo penalizzata nel suo rapporto con Bruxelles: tanto più che dà più di quanto non riceve.
Ed è anche assurdo che Roma sia condannata a pagare multe poiché non versa i crediti delle imprese: l'unico risultato sarà che le aziende saranno tassate ancora di più, proprio per pagare quelle sanzioni.Questo capitalismo politicizzato è indifendibile e bisogna trovare il modo per arginare le pretese dei governi. Ma è abbastanza evidente che c'è molto marcio in tutta Europa, e non solo nel nostro Paese.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.