Il presidente del Consiglio dimissionario è uscito di scena dopo aver presieduto a Palazzo Chigi la task force sui marò. Un segnale da biglie d'acciaio, da parte di Enrico Letta. Il giovane premier subentrante, Matteo Renzi, non risulta che abbia mai rilasciato una dichiarazione netta sul caso dei fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trattenuti in India. Adesso dovrà farlo e presto. Oggi sono passati due anni dall'incidente in alto mare con la morte di due pescatori indiani. Martedì prossimo l'accusa indiana, che imputa ai marò di averli ammazzati, dovrà scoprire le carte. Se applicherà il famigerato Sua act, la legge antiterrorismo, scoppierà un putiferio. Se, come sembra dalle anticipazioni della stampa indiana, stanno cercando ora una via d'uscita secondo il normale codice penale sarà solo l'inizio di un processo, che chissà come e quando finirà. Renzi, «ghe pensi mi», non può fare lo struzzo sui marò. Fin dalla formazione del nuovo governo se confermasse Emma Bonino agli Esteri, oppure no, darà un segnale. «È apprezzabile che Letta abbia voluto, come ultimo atto, presiedere la task force sui marò. Il fatto che l'auto candidatosi a prendere il suo posto, Renzi, non abbia mai detto una sola parola su questa tragica vicenda è inquietante ha subito attaccato Maurizio Gasparri del Pdl. In realtà negli ultimi tempi alcuni esponenti del Pd si sono risvegliati dal torpore sui marò. Lunedì scorso, Nicola Latorre, presidente della Commissione Difesa del Senato, ha dichiarato senza mezzi termini: «Di fronte al comportamento dell'India e alla mancata soluzione del caso non rifinanzieremo le missioni internazionali per l'antipirateria». Bisognerebbe fare di più, ma accontentiamoci.
Ieri Letta ha ribadito «i sentimenti di vicinanza a Girone e Latorre e alle loro famiglie. Sono certo che l'impegno delle istituzioni e dell'Italia intera continuerà con determinazione fino alla soluzione della vicenda». Un'eredità esplosiva per il suo successore. Forse Letta ha fatto apposta a mollargli platealmente la patata bollente il giorno dell'uscita di scena. Eredità ancora più spinosa essendo un mistero l'opinione di Renzi sui due fucilieri di Marina. Non solo: Palazzo Chigi ha già dettato la linea. In un comunicato si legge che «l'eventuale ricorso da parte indiana alla legge sulla sicurezza marittima (il Sua act, nda) avrebbe conseguenze negative nei rapporti con l'India e nella lotta globale contro la pirateria». Il ministro uscente della Difesa, Mauro, ha parlato «dell'ipotesi di un arbitrato internazionale». Peccato che sia stato proprio il governo Letta a cedere sulla linea del Piave del processo in Italia o all'Onu accettando il pantano giudiziario indiano. Dopo due anni siamo al punto di partenza. Il delegato del Cocer (rappresentanza di base) della Marina, Vito Alò si chiede «quale destino si profila, per i nostri fucilieri, con le nuove dinamiche politiche?». Da Delhi, il viceprocuratore generale indiano, Mohan Parasaran, ha ammesso con il GrRai che il caso potrebbe avere ripercussioni di ordine pubblico. Per questo motivo non si può, secondo lui, dare l'impressione che «cittadini stranieri ricevano un trattamento preferenziale». La strada, dopo due anni, è tutta in salita. Unica nota positiva è che l'Europa si sta muovendo sul serio.
Ieri la «ministra» degli Esteri Ue Catherine Ashton è andata da Ban Ki Moon per discutere la questione e prima dell'incontro ha ribadito che essere «preoccupata per l'accusa di terrorismo» e ha aggiunto: «Stiamo lavorando con l'Italia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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