Una strategia politica probabilmente, o forse, una rivoluzione che segnerebbe l'inizio di una nuova Cina con operai meno schiavi. La Foxconn, la più grande impresa privata con il più alto numero di dipendenti in Cina, con 1,2 milioni di operai cambia volto e diventa più umana. A partire dall'elezione di un sindacato. Qui, dove lavorano per lo più giovani immigrati dalle aree più povere del Paese, gli operai possono sperare di veder riconosciuti alcuni diritti. La Foxconn, soprannominata la fabbrica dei suicidi, l'orrore scoperchiato da inchieste del New York Times sulle condizioni disumane dei lavoratori, la controversa società taiwanese che produce in Cina componenti per la Apple, la Sony e la Hewlett Packard, ha annunciato infatti che cercherà di incrementare la partecipazione dei suoi dipendenti alla scelta dei loro rappresentanti sindacali.
Una notizia che promette un importante impatto mediatico, una nuova faccia, ripulita e meno impresentabile, quella che vuole dare il Paese. La decisione è frutto dell'intervento della Fair Labor Association (Fla), un'organizzazione non governativa americana - richiesto dalla Apple nel 2010 - quando si scoprì che un gran numero di giovani dipendenti si era tolto, o aveva tentato di togliersi, la vita a causa delle pressioni, degli orari massacranti imposti dalla fabbrica, dai giorni di riposo negati. La vicenda fruttò alla Foxconn - di proprietà della Hon Hai Precision Industry di Taipei - il soprannome di «fabbrica dei suicidi». L'Occidente non poteva più far finta di non sapere, di ignorare il costo umano dell'i-pad. E soprattutto non poteva più tacere la Apple davanti alle proteste e all'indignazione crescente di tutto il mondo, e così, quello che non ha mai saputo garantire la Cina in fatto di diritti, c'è riuscito il mercato, il lato migliore della globalizzazione.
Negli ultimi mesi i frequenti scioperi e le proteste da parte degli operai avevano convinto i manager e il governo a favorire un'apertura democratica, la prima volta in una multinazionale di queste dimensioni. Ma soprattutto, la prima volta in Cina.
Secondo il comunicato emesso ieri a Taipei, la direzione «aumenterà il numero dei rappresentanti dei giovani lavoratori» nei sindacati. Una promessa che suona come una rivoluzione, una svolta epocale per un Paese in cui il valore dei lavoratori è da sempre così basso.
Fino ad oggi nel Paese era autorizzato a operare un solo sindacato, controllato dal Partito Comunista Cinese. Dopo un'ondata di scioperi nelle fabbriche del sud della Cina, nel 2010-2011, le autorità hanno iniziato a tollerare la nascita di embrioni di sindacati eletti dai lavoratori. La maggiore partecipazione dei lavoratori alla scelta dei loro rappresentanti è una delle raccomandazioni rivolte dalla Fla all'impresa taiwanese. Oggi i dipendenti potranno votare i loro rappresentanti sindacali. «Un potente segno dei tempi», ha scritto il Financial Times, «in risposta a una forza lavoro sempre più sofferente». «Il processo con cui i rappresentanti sindacali della Foxconn venivano nominati fino a oggi non era democratico, mancava di trasparenza e la maggior parte dei membri erano scelti tra i dirigenti», ha spiegato una persona che lavora alla messa a punto del nuovo piano di voto.
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