Mentre la legge sul testamento biologico resta al palo, nei tribunali va di moda il fa da te. Modena ha fatto da apripista due anni fa quando aveva riconosciuto il «diritto di autodeterminazione riguardo ai trattamenti sanitari». Ieri si è accodato il Tribunale di Firenze che ha detto «sì» al testamento biologico. Nel caso concreto, i giudici hanno accolto la richiesta di un settantenne in buona salute di nominare un «amministratore di sostegno», una sorta di tutore legale, a cui viene affidato un compito preciso in caso di perdita di coscienza: impedire ai medici di procedere con la rianimazione o anche con alimentazione e idratazione artificiale. Insomma, il tutore può dare il via libera all’eutanasia senza che nessuno possa contrastarlo.
Il legale di parte, che è anche figlia del settantenne, esulta. «Da oggi – sottolinea l’avvocato Sibilla Santoni - chiunque può nominare un amministratore di sostegno, che può essere anche un fratello o una moglie, perché eviti, nel caso di un incidente, che si effettuino interventi sanitari sul nostro corpo contro la nostra volontà».
In base a questa sentenza dunque, c’è libertà di scegliere a quali trattamenti sanitari essere sottoposti perché, dice la corte «questa libertà è garantita da numerose norme costituzionali e che eventuali leggi che non rispettassero tali norme sarebbero a prima vista incostituzionali, oltre che non democratiche». La scappatoia per garantire la libertà di scelta è contenuta nell’articolo 408 del codice civile, che prevede la figura dell'amministratore di sostegno con compiti predeterminati e riconosciuti dal giudice. Quindi, se il cittadino perdesse la facoltà di comunicare o la coscienza, l’amministratore può presentarsi dai medici con l’ordinanza del giudice e chiedere di sospendere tutti i trattamenti che il cittadino, quando era in buona salute, aveva esplicitamente escluso. In sostanza, sempre che il malato non abbia nel frattempo cambiato idea, i medici non potranno effettuare rianimazione cardiopolmonare, dialisi, ventilazione e alimentazione forzata e artificiale.
Si dovranno limitare alle cure palliative, compresi gli oppiacei, atte a lenire il dolore del paziente anche se ciò significasse - dice la corte - una riduzione dell’aspettativa di vita. «Le patologie considerate nel presente ricorso – spiegano i giudici - si caratterizzano per il rispetto del normale percorso biologico sotto il profilo della non interferenza con il suo corso. Non viene contemplata, infatti, alcuna ipotesi che configuri fenomeni eutanasistici». Non la pensa allo stesso modo il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella che parla invece di «uso improprio da parte di alcuni magistrati dell’amministratore di sostegno, figura nata per tutelare e sostenere persone non autosufficienti nel loro diritto a vivere, non certo per introdurre il diritto a morire o forme di eutanasia».
Parla ironicamente di «tempismo perfetto da parte dei giudici ad affrontare questo tema nel momento in cui il Parlamento riprende il dibattito sul testamento biologico» la deputata Udc Paola Binetti. Mentre Maurizio Lupi, Pdl, critica quei giudici che pensano di fare il legislatore. Per la deputata Radicale Maria Antonietta Farina, invece, sono i politici a dover «rispettare le sentenze della magistratura».
E Silvana Mura deputata Idv, rincara la dose sostenendo che «il Parlamento rischia di approvare una legge contraria alla Costituzione». Dal punto di vista politico, il tema potrebbe provocare qualche problema nel Terzo polo. Anche se Rutelli conferma la «libertà di coscienza» in materia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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