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Il futuro della missione militare italiana in Afghanistan

I nostri soldati rimarranno nel Paese almeno fino al 31 dicembre 2014. Poi ci sarà una nuova missione "no combat"

La missione di pace (con morti e feriti tra i civili e tra i militari) della Nato in Afghanistan dura da oltre dieci anni. Il Paese è ben lontano dall'essere pacifico, sviluppo economico e democratico sono nella fase iniziale. Attualmente i nostri militari in Afghanistan sono più di 4mila e, almeno nelle basi avanzate, sotto attacco quasi ogni giorno. La morte pochi giorni fa del carabiniere Manuele Braj dimostra che la sicurezza nel Paese, primo obiettivo della missione Isaf, non è ancora una realtà. Non lo è per i militari occidentali, ma neppure per la popolazione.
Per quanto tempo ancora i nostri soldati dovranno rimanere in quella terra? Proprio in occasione dell'informativa alla Camera per la morte di Braj il sottosegretario alla Difesa Filippo Milone ha dato la tabella di marcia. L'ultima fase di Isaf inizia a metà 2013. Da quel momento lo sforzo sarà soprattutto di assistenza e di supporto alle forze di sicurezza afgane. Poi partirà la "irreversibile, graduale e responsabile" diminuzione dei militari Nato, fino alla conclusione della missione il 31 dicembre 2014. Il completo ritiro quindi dovrebbe arrivare tra circa due anni e mezzo. Difficile dire se troppo presto o troppo tardi.
Dal 2015 però l'impegno internazionale continuerà. "Su richiesta del governo afgano - ha spiegato Milone - la Nato è pronta a studiare una nuova missione post Isaf, non Isaf rivista. Sarà una missione 'no combat', notevolmente più ridotta di quella attuale e avrà il compito di continuare ad addestrare, consigliare e assistere le forze di sicurezza afgane, incluso un sostegno di tipo finanziario". In tale contesto, ha aggiunto il sottosegretario, "l'Italia concorrerà alla nuova missione a partire dal 2015, in coerenza con lo sforzo fatto fino a ora per poter garantire la disponibilità di forze di sicurezza afgane efficaci". Milone ha concluso con ottimismo: "Nonostante tutto è possibile guardare verso l'orizzonte di un futuro di speranza per questo martoriato popolo.

Ed è indispensabile mantenere ferma la rotta".

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