Dopo Galimberti e Augias anche Eco entra nel club di «Ripubblica»

Un bel fregaccio blu col punto di domanda a fianco. Lo ha fatto una professoressa di letteratura italiana, la signora Pina Pagano, a fianco di una delle pagine del nuovo romanzo di Umberto Eco Il cimitero di Praga (Bompiani). A mezzo lettera ha segnalato al quotidiano La Stampa che a pagina 153 del feuilleton del semiologo più famoso d’Italia qualcosa non quadra. Secondo la signora, che pare molto ben documentata, «l’episodio riportato lo si trova pari pari e, a tratti, parola per parola, nel romanzo Da Quarto al Volturno di Giuseppe Cesare Abba (cap. 22 maggio. Ancora a Parco)».
Per la professoressa non è stato difficile accorgersene, fa sempre leggere il brano ai suoi studenti in accoppiata con la novella Libertà di Verga (viva le docenti all’antica), anzi si è stupita che nessun altro abbia tirato le orecchie all’Umbertone nazionale o almeno abbia detto «ehi professor Eco, che scherzo geniale, che arguta contaminazione...». Del resto per il re del pastiche culturale, che ha fabbricato tutto il romanzo proprio sull’idea della falsificazione, non si tratterebbe di nulla di veramente grave. Peccato che sabato scorso, proprio mentre dava dimostrazione della sua vena nazional popolare, cercava di vendere più copie possibili del suo romanzo al Carrefour di Carugate. Eco, provocato da una domanda maliziosa sulla scoperta di Pina Pagano, ha risposto con la faccia più stupefatta e candida: «E certo! Il personaggio si chiama Giuseppe Cesare Abba e dice quello che ha scritto!». Meglio avrebbe fatto a dire: «Il libro è mio e me lo gestisco io», oppure: «Visto che bravo? Ho letto tonnellate di libri ottocenteschi e li ho riassemblati, chi trova tutti i prestiti vince un premio» (sin lì la gita al Carrefour era stata geniale: «Oggi sono a firmare copie del mio libro all’ipermercato e lunedì, probabilmente, andrò alla biblioteca civica a firmare sacchetti di patatine»).
Invece con la sua frase un po’ saccente ha spinto la precisissima professoressa Pagano (se mi legge, Pina: la prego abbia pietà di eventuali refusi) a un’altra replica dalle pagine della Stampa. «A pag. 153 non è certo Abba a parlare ma il protagonista del romanzo, cioè Simonini. Conosco la legge dell’ubi maior e detesto polemizzare ma la mia replica... più che alle parole è affidata a quanto ciascun lettore può intendere». Bene. E mentre c’è anche chi si interessa delle fonti utilizzate da Eco per dipingere la figura di Ippolito Nievo, ciò che ci viene da dire è che forse a ulteriore giustificazione del professore si può invocare una di quelle belle parole così care ai sessantottini: «il contesto». Eco scrive su Repubblica ed è lì che Umberto Galimberti si è esibito in alcuni dei suoi più geniali «copia-e-incolla» (abbiamo messo a dura prova la pazienza dei lettori di questo giornale mettendoli di fronte a una percentuale infinitesimale di questo complesso processo di infinita clonazione). Non bastasse, su quelle dotte pagine si esibisce anche Corrado Augias che in Disputa su Dio e dintorni non ha fatto nemmeno lui una bella figura clonando il biologo Edward Osborne Wilson (Galimberti almeno ha dimostrato una serialità ammirevole e certosina).

Insomma, Eco non se l’è sentita di restar fuori da tanto augusto consesso, fuori dalla «Ripubblica delle lettere» che vive dentro le pagine culturali di Repubblica. Adesso, grazie a una brava professoressa con la penna blu, un suo posticino ai piedi dei grandi maestri ce l’ha anche lui. Altro che stupide (e infondate) accuse di antisemitismo.

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