Il genovese che usa la rumenta per rendere fertile la terra

Intanto a Palazzo Ducale ambientalisti e cittadini organizzano una protesta contro l’idea dell’inceneritore

Erika Falone

L'hanno scandito nell'atrio di palazzo Ducale, questa volta, il loro «no» all'inceneritore. Rappresentanti degli «Amici del Chiaravagna», «Amici di Beppe Grillo», Legambiente, gruppi ambientalisti e comitati di cittadini, non sono voluti mancare all'appuntamento con il convegno sulla «Termovalorizzazione dei rifiuti urbani residui». E mentre nella sala del minor consiglio ieri mattina professori, dottori e ingegneri discutevano del «pre trattamento dei rifiuti a fini energetici» o di «impatto sull'ambiente e sulla salute», al pian terreno i manifestanti distribuivano volantini con le ragioni del «no».
Ciclo integrato dei rifiuti, politiche di riduzione degli imballaggi all'origine e sviluppo tangibile della raccolta differenziata: queste le alternative all'impianto di termovalorizzazione individuate dagli ambientalisti. Tra chi parla di altre vie possibili c'è chi, quella via, la segue già da tempo. È il signor Antonio Ferrari, abitante di Pegli. «Di sane origini contadine», dice orgoglioso. Quelle stesse origini che gli hanno insegnato che il compostaggio può essere un modo intelligente per smaltire i rifiuti e creare nutrimento per la terra. «Mio padre si faceva portare i rifiuti dalle case dei dintorni e, attraverso questo metodo, preparava il "letto caldo" per il basilico - racconta il signor Ferrari -. Le piantine in serra crescevano sane, ben alimentate da un terreno che recuperava così humus». Non solo: «Nella terra rimanevano ossa di animali - ricorda Antonio -. Una volta all'anno queste venivano raccolte per farci il sapone». Antonio ha imparato che nulla si crea si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Oggi, come suo padre faceva anni addietro, raccoglie scarti alimentari di cucina e scarti del giardino e dell'orto del suo caseggiato. Al Crea, centro regionale per l'educazione ambientale, ha seguito un corso dove ha acquisito gli accorgimenti utili per far sì che il materiale in fase di compostaggio non attiri moscerini o topi e che non sia fonte di cattivi odori. A tre metri da casa sua, Antonio mescola i rifiuti organici secondo un preciso procedimento. Dopo sette - otto mesi, terminata la decomposizione, setaccia il materiale per separare pietre, frammenti di plastica e di vetro.

Il materiale così ottenuto, il «compost», è di colore bruno scuro, leggermente umido, con odore di terriccio di bosco. «È un ottima fonte di sostanza organica per il terreno - spiega il signor Ferrari -, ne aumenta la fertilità e previene diverse malattie delle piante».

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