Gerusalemme - «Trovo qui tutto contro di me, tranne la vostra personale cortesia». Il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, riadatta le parole di Alcide De Gasperi alla conferenza di pace di Parigi per segnalare il disagio procuratogli dall’essere stato messo sotto accusa, come «autorevole rappresentante della sinistra», da parte della Comunità italiana di Gerusalemme. Uno scontro di opinioni, quello verificatosi alla Sinagoga italiana, condotto entro i canoni della cortesia formale, ma molto duro nei contenuti. «Non me l’aspettavo, assolutamente», commenta alla fine Bertinotti con i giornalisti e poi aggiunge: «Per il mio ruolo non ho potuto dibattere, argomentare ma alla fine ci siamo difesi... ».
A dare fuoco alle polveri è Vito
Anav, presidente della Comunità Ebraica italiana di
Gerusalemme, che dice: «Ci auguriamo che la sua visita sia
anche l’occasione perché si correggano alcuni pregiudizi sul
conflitto arabo-israeliano, su cui gran parte della sinistra
italiana fonda le sue prese di posizione. Spero poi che si
possa mettere fine alla quotidiana parzialità da parte della
stampa di sinistra». E poi, con un attacco esplicito alla linea
del nostro governo, aggiunge: «Risulta difficile comprendere
come si possa parlare di equidistanza o di equivicinanza usando
lo stesso metro di misura per la democrazia e il
fondamentalismo. Israele è l’unico stato democratico dell’area
e dovrebbe essere sostenuto e protetto.
Inoltre, i valori fondanti della sinistra sono rappresentati
più da Israele, che non da chi sostiene il martirio come mezzo
di interazione politica. Come presidente della Camera le
chiediamo di adoperarsi per un riequilibrio dell’informazione e
come autorevole rappresentante della sinistra di operare
concretamente per il superamento del pregiudizio».
Quando poi il presidente del locale Comites legge un lungo
intervento del professore Sergio Della Pergola, in cui si
spiegano le ragioni della frattura tra sinistra ed Israele che
avrebbe portato a una vera «pulizia etnica» delle liste dei
partiti di sinistra da esponenti ebraici, l’ambasciatore
d’Italia chiede di "tagliare", ma il presidente della Camera
invita ad andare avanti. Subito dopo prende la parola per
testimoniare «l’emozione» per la sua presenza in questo luogo
storico e poi aggiunge che a causa «delle parole sentite mi
dispiace di non essere nella condizione, per il ruolo che
esercito, di rispondere alla pari, di non poter dialogare come
ho fatto in passato con la Comunità Ebraica di Roma sempre nel
reciproco rispetto e nella chiarezza della posizioni. Non ho
nessuna ragione - prosegue Bertinotti - per pentirmi di quelle
posizioni ma oggi non posso riprendere ad argomentarle,
invitate i leader della sinistra italiana, perché possano
esercitare in libertà il confronto che avete ragione di
pretendere e che io non sono in grado di esercitare, a meno che
non vogliate aspettare la fine del mio mandato... ».
"Due Stati, due popoli" Secondo Bertinotti «la formula che ha usato il ministro degli Esteri sulla "equivicinanza" è una formula intelligente, piena di buona volontà, che parla il linguaggio della ricerca del dialogo e della pace. La mia visita, avendo un valore istituzionale, interpreta tuttavia lo spirito più profondo del paese che, secondo me, è semplicemente quello di un impegno di pace da costruire in queste terre da parte degli uomini e delle donne di buona volontà. Penso che l’unica soluzione possibile sia quella di realizzare, con il concorso internazionale e con l’intervento dell’Unione Europea e dell’Italia, la condizione per cui possano vivere in pace e vicini nella democrazia due Stati per due popoli. Voi avete sollecitato non solo una presa di posizione, ma un impegno contro il terrorismo; impegno che condivido interamente. Tuttavia, non per operare un bilanciamento devo però dire che sono reduce dall’aver visto i campi profughi e la condizione dei palestinesi nel loro territorio e credo che meritino una qualche comprensione». Il presidente della Camera ribadisce una volta di più che «la soluzione politica dei due Stati per due popoli è l’unica condizione perchè si possa insieme evitare le violenze e dare una prospettiva a due popoli che non hanno nessuna ragione per contrastarsi. Questi due popoli hanno diritto ad avere un futuro e il futuro vive soltanto nel riconoscimento del futuro dell’altro».
Parlando con i giornalisti al termine della cerimonia alla Sinagoga italiana di Gerusalemme, Bertinotti rileva: «Qui vivono nel terrore di attentati per strada, ma
dall’altra parte c’è il Muro» e poi riferendosi alle battute d’obbligo al termine dei colloqui con i vari interlocutori osserva: «Appena si esce dagli incontri ufficiali e non dai ragione al tuo interlocutore sei morto...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.