Dalla Gialappa’s band, uno si aspetterebbe di sorridere, di sghignazzare, di leggere con altre lenti e di guardare con altri occhi gli eventi. E tutte queste premesse sono regolarmente rispettate anche quest’anno in Rai dire Sanremo, l’ormai classico appuntamento con il festival in salsa gialappeide.
La scoperta è che, oltre a tutte le precedenti caratteristiche, Santin, Taranto e Gherarducci - i tre gialappi - riescono a mettere in mostra un’altra straordinaria componente. E cioè l’assoluta competenza in tema musicale. Abbassare il volume della tivù, cancellare in un sol colpo i testi dei nove autori ufficiali e abbandonarsi alle frequenze di Radiodue è qualcosa che fa bene al cuore e all’anima. Non solo perché ci si diverte, ma anche perché si assiste a un alto esercizio di lettura delle canzoni. Trovando, con un giorno di anticipo rispetto ai giornali, ottimi esercizi di critica musicale. Carlo, Marco e Giorgio, in mezzo al loro cazzeggio industriale e dissacrante, riescono a infilare perle di saggezza musicale di livello assoluto.
E ancora una volta la radio riesce ad essere più avanti della televisione. E ancora una volta il direttore di Radiodue Sergio Valzania, così come aveva fatto con Fiorello, riesce a cogliere il meglio della televisione e a trasferirlo in radio. Ma senza televisivizzare (ammesso che si dica così, mi vengono i brividi solo a scrivere una parola tanto brutta) la radio. Anzi, se possibile, rafforzando ulteriormente l’identità radiofonica. Con personaggi che non fanno parte della loro squadra televisiva, da Marco Baldini per Fiorello a Rudy Zerbi e soprattutto a Flavia Cercato per la Gialappa’s. Flavia (in prestito da Playradio) riesce a riscattare in radio le nefandezze di Cronache marziane. E in voce è quasi più bella che in video. Impresa difficile.
Insomma, Fiorello in radio e la Gialappa’s in radio fanno programmi che vivono di vita propria e non hanno alcun bisogno di sostenersi al ruolo televisivo dei propri conduttori. E gran parte del merito va proprio a Valzania che - per una settimana nel caso dei «tre ragazzacci terribili» (terribile copyright con cui sono stati obbligatoriamente bollati per anni) o per un anno nel caso di Fiore - costruisce attorno a loro un palinsesto a geometria variabile che regala emozioni radiofoniche.
Insomma, la televisione non fa alcun piacere alla radio. Anzi, se possibile, le fa un «danno». Danno fra virgolette, certo.
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