
E il giorno dopo tutti pazzi per Francesco Acerbi. Anche per Yann Sommer e per Davide Frattesi ma per «Acerbone» un po' di più. E così dopo il 4-3 che 59 anni dopo scrive un altro pezzo di storia del nostro calcio, si parla solo di quel gol del pareggio firmato quando già in tanti se n'erano andati dal Meazza, quando il Barça pareva già a Monaco, quando i «gufi» già gioivano, quando a sperare non c'era rimasto quasi più nessuno. E allora tutti pazzi per Acerbi per quella demi volée col destro, neanche col sinistro che per lui è il piede buono, per quella palla che fa gonfiare la rete, esplodere lo stadio e rimette le cose a posto anche se poi a metterle a posto del tutto ci pensa Frattesi nei supplementari.
Il giorno dopo viene dopo una notte per le strade, in auto, in scooter a piedi, in centro, in piazza Duomo con le bandiere festeggiare una vittoria che vale una finale ma che una finale ancora non è. Alla faccia della scaramanzia. Sono facce stanche ma felici, sciarpe al collo, telefonini che si scambiano whatsapp con le foto di Inzaghi «santo subito», qualche trolley, qualche Gazzetta sotto il braccio sui vagoni del metro che vanno verso la Centrale. Il giorno dopo sono una lunga coda davanti all'Inter store di piazza san Babila perché chi è venuto per godersi una semifinale e, magari senza immaginarlo, si è ritrovato testimone della storia, a casa non vuole ritornare a mani vuote. E vale tutto: una maglia, una tazza, un cappellino, una sciarpa, ciò che resta per ricordare e dire «Io c'ero...».
Il giorno dopo è la meraviglia anche di chi tifa da sponde opposte: «Una partita bellissima e incredibile - commenta Attilio Fontana governatore verde di casacca ma rossonero nel cuore -. Una partita dei tempi andati in cui si pensava più ad attaccare che a difendere in cui è emersa la grande determinazione e capacità dell'Inter che porterà ancora una volta Milano in alto». Ma è anche la gioia di chi la Champions con i nerazzurri l'ha già vinta: «È stata una serata meravigliosa non si può trovare un altro aggettivo- dice l'ex presidente dell'Inter Massimo Moratti- Abbiamo vissuto tutte le emozioni perché sembrava avessimo perso e poi eroicamente c'è stato quel gol del pareggio. Una serata fantastica, sono state due partite una più bella dell'altra con un finale meritatissimo».
Tutti pazzi per una semifinale che a molti fa tornare in mente quella del 2010, quella con José Mourinho in panchina, quella del triplete: «Sono state due battaglie, diverse come risultato, come punteggio e come situazioni però l'emozione è la stessa e la felicità alla fine uguale - commenta il comico Enrico Bertolino, interista doc -. Non ero allo stadio ma poco cambia. Ora, prima della finale, vado a fare una revisione alle coronarie. Un'impresa titanica col vento, la pioggia, il pubblico... Gli esempi? Lautaro che ha fatto di tutto per esserci ma soprattutto Acerbi che a 37 anni ha segnato il gol del pareggio...». Già Acerbi. Che spunta dal nulla, che si trova nell'aria avversaria dove non dovrebbe essere, che sbuca tra lo stupore di tutti un po' come Tarcisio Burgnich che riacciuffa i tedeschi nei supplementari dell'Azteca. «Quel gol riassume tutta la rabbia e la voglia di vincere dei ragazzi di Inzaghi - spiega Fulvio Collovati ex a metà -. Quel gol è il simbolo di questa squadra...».
Che ora proverà a non pensare, proverà a concentrasi su quel che resta del campionato e su un viaggio a Monaco che non prevede scali a Istanbul. Proverà a dimenticare una notte che ha fatto diventare tutti un po' pazzi. Per Acerbi, ovviamente...