Pier Augusto Stagi
da Salisburgo
La lotta al doping si fa sempre più forte e virulenta. Diciamo pure che siamo alla stretta finale: o si cambia registro o si chiude. Il ciclismo, che si è dato per primo regole severe in materia (l'esame del sangue, anno 1997, ndr), ha deciso di inasprirle, tanto da arrivare il prossimo anno, anche all'esame del Dna. Ma andiamo per ordine. A partire dal primo gennaio del prossimo anno le squadre saranno costrette a paralizzare la loro attività per otto giorni nel caso in cui dovessero riscontrare due casi di positività o due situazioni di valori ematici anomali nell'arco degli ultimi 12 mesi. Il blocco salirà da otto giorni a quattro settimane nell'eventualità di un terzo caso di doping nell'arco di due anni, mentre una quarta violazione comporterà la revoca della licenza Pro Tour. Ma tra le grandi novità annunciate ieri, figura anche l'ampliamento dei controlli ematici, che d'ora in poi potranno essere effettuati anche a pochi minuti dall'inizio della gara. Sarà inoltre ridotta drasticamente la possibilità di ricorrere alle deroghe a scopo terapeutico. Certificati rilasciati alla bisogna per l'utilizzo di farmaci vietati come il cortisone (utilizzato contro l'asma e le allergie in genere). Le squadre di Pro Tour hanno infatti deciso che ogni corridore potrà presentare un certificato medico solamente in due occasioni nell'arco di un'intera stagione.
Ma la cosa più significativa e pregnante, che proietterà la lotta al doping in un'altra dimensione tutta nuova è da una parte l'introduzione di un medico indipendente, autorizzato ad occuparsi e a vigilare su tutte le squadre e, dall'altra, linserimento nei contratti dei ciclisti l'assenso al test di Dna.
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