Egidio Sterpa
È stato lEconomist a dirlo: «Questo è il governo più a sinistra che lItalia potesse avere». Ma non è questo il punto. Che la vittoria di strettissima misura, e proprio per questo, portasse a un governo di sinistra-centro (definizione di Bertinotti) era scontato. Il punto vero è che ne è venuto un governo con una lottizzazione «indecente» (definizione di Emanuele Macaluso, gran galantuomo di sinistra).
Il famoso manuale Cencelli di epoca democristiana è stato applicato, si direbbe, in maniera schizofrenica. Daccordo, cera da accontentare troppi «proci» (ricordate lOdissea?), ma ne è venuto un minestrone immangiabile anche per commensali di buona bocca. In questo governo Prodi cè tutto e il contrario di tutto, sè fatto il pieno di contraddizioni. Una distribuzione irragionevole di cariche e uno sdoppiamento di ministeri quasi licenzioso. Ne è venuta una babele politica mai vista. Come farà Prodi a governarla è da vedere.
Il lettore ci creda, fosse stato un governo in qualche modo normale, con incarichi assegnati con qualche criterio razionale, non avremo difficoltà ad ammetterlo, riservandoci, si capisce, di giudicarlo nellattuazione del programma. Ma anche il programma non si è capito quale sia. Non a caso cè chi ha detto che siamo in presenza di un «compromesso programmatico». Proprio così. Né potrebbe essere diversamente, del resto, con una squadra tanto variegata, politicamente policroma, culturalmente così contraddittoria.
Ci sono segni chiari di contrasti. Di Pietro (Infrastrutture) e Bersani (Attività produttive) accetterebbero pure il ponte sullo Stretto di Messina, ma Bianchi (Trasporti) dice un secco no di forte caratterizzazione ideologica (è stato designato dai comunisti italiani di Diliberto). Che cosa accadrà nel mondo della scuola vallo a capire. Anche qui cè stato lo sdoppiamento tra istruzione e università e i due ministri, uno democristiano, dosservanza mariniana, laltro diessino massimalista, cè da giurare che entreranno presto in rotta di collisione.
I vice ministri e i sottosegretari sono 72 ma non è il numero che spaventa (erano altrettanti nellultimo Berlusconi), bensì a far pensare è la loro varietà (visti tutti insieme, in verità, fanno anche un po variété, cioè spettacolo) e per la loro promiscuità, si fa per dire, ideologica, oltre che partitica.
Voglio essere obiettivo: il settore che può suscitare qualche rispetto è quello delleconomia, dove il ministro Padoa Schioppa è affiancato da due vice che incompetenti non sono, il diessino Visco e il democristiano Pinza. Ma che ci sta a fare il Piotta, al secolo Paolo Cento, personaggio estroverso e persino un po simpatico, che delleconomia ha certamente una concezione personale e molto libera? Si è già esibito con questa premessa: «La crescita economica non è di per sé un bene».
Sì, insomma, ha ragione lEconomist, il governo di Prodi più di sinistra non potrebbe essere, ma nella stessa misura è scombinatissimo. Il Cencelli applicato, tra laltro, ha badato bene a tener fuori, quasi messi allindice, personaggi che avrebbero potuto rappresentare una versione moderata della sinistra. Sono stati tenuti fuori, tanto per fare qualche nome, «liberal» come Franco Debenedetti, Umberto Ranieri, Enrico Morando, Nicola Rossi, Antonio Polito, Peppino Caldarola, politici che per loro conto in questi anni hanno avuto personalissima Bad Godesberg.
Significativa la protesta della repubblicana Sbarbati, che tardivamente ha finito per dare ragione a La Malfa. Come degna considerazione è unosservazione di Maccanico, il quale teme che nel futuro e programmato partito democratico non ci sia posto per idee liberali. Noi aspettiamo di sapere che cosa ne pensa lamico Zanone.
La svolta radicale, comunque, cè, altro che se cè. Un violento corto circuito le istituzioni lo hanno già subito. La quantità di potere nelle mani della sinistra è enorme: Camera, Senato, Quirinale, Csm, un po di Corte Costituzionale, non pochi Pm, 90 per cento dei Comuni, quattro quinti delle Regioni, e varie altre istituzioni, alcune banche e poteri forti.
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