Ma guarda che sorpresa: «Repubblica» scatenata contro le intercettazioni

Un atto d’accusa senza possibilità d’appello. Contro i magistrati ma anche contro i giornalisti, colpevoli di abusare indegnamente delle intercettazioni telefoniche. I primi per pigrizia, i secondi per morbosità mascherata da «completezza dell’informazione». Una sentenza che sembra scritta oggi e che invece risale a ben cinque anni fa, al 19 giugno 2006, quando uscì sulle pagine di «la Repubblica», a firma Giuseppe D’Avanzo. Sì, avete letto bene. L’autore della severissima reprimenda che denunciava «i due abusi incrociati e sovrapposti che provocano la barbarie della civiltà» e invocava «la tutela della privacy dei singoli» dopo che sul «Corriere della Sera» erano uscite le intercettazioni di Vittorio Emanuele di Savoia, è lo stesso Giuseppe D’Avanzo che da più di un anno veste i panni del novello Torquemada.

E che cavalcando le intercettazioni e le rivelazioni sulla vita privata del premier, conduce una battaglia a tutto campo contro il Cavaliere. La coerenza forse non sarà una virtù ma a rileggere quell’articolo di cui pubblichiamo ampi stralci forse qualcuno proverà un po’ di vergogna.

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