Guerra tra giurati per un delitto

Ogni estate spuntano i film dei festival dell’anno prima. Esce così anche 12, scritto, prodotto, diretto e interpretato da Nikita Mikhalkov, terza versione cinematografica - dopo quelle di Sidney Lumet e William Friedkin - di un dramma di Reginald Rose centrato sulla riunione di una giuria per giudicare un presunto parricida. Ma va soprattutto ricordata la riunione della giuria veneziana, composta solo di registi, dalla quale scaturì più di un verdetto: 12 ebbe «Leone speciale per l'insieme dell’opera», inventato dopo che Mikhalkov era stato trattenuto al Lido mormorandogli che il leone d'argento sarebbe stato suo; il pirotecnico regista russo non avrebbe taciuto su questa disinvoltura se poi non avesse avuto nulla. Si noti: nel prologo della stessa Mostra a Woody Allen era garantito il Leone d'oro se avesse accettato di partecipare in concorso!
Miserie, ma che spiegano perché il pubblico diffidi dei premi nei festival. Pur nella sua bislacca origine, il riconoscimento a 12 ha però una sua attendibilità. Solo che è cambiato il tipo dello spettatore: estinto quello che, mezzo secolo fa, era affascinato dal dibattito che spazzava via il pregiudizio, ora ce n’è un altro, che solo i pregiudizi conosce. E v’aggiunge il semplicismo, non la semplicità, tipico dei dibattiti in tv.
Mikhalkov viene però da una Russia dove ancora la parola ha un senso e dove il senso del tempo è sempre stato più dilatato rispetto all’Italia.

Se quindi una sera siete molto riposati, ci sono in 12 due ore e mezzo di scontro verbale che traggono spunto da un delitto per inscenare l'intero presente russo.

12 di e con Nikita Mikhalkov (Russia, 2007) con Sergej Makovetskji, Sergej Garmash. 153 minuti

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