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Inizia il processo a Mladic il boia e Srebrenica torna in mano ai serbi

Il processo del secolo a Ratko Mladic per genocidio e crimini di guerra in Bosnia Erzegovina è iniziato ieri a L'Aja, ma a Srebrenica, dove le sue truppe hanno massacrato 8mila musulmani, tornerà un sindaco serbo e nazionalista. Ed il rischio è che non riconosca o sminuisca il genocidio considerando l’ex generale Mladic, una specie di eroe e non «il boia di Srebrenica» come è stato battezzato dai parenti delle sue vittime. Come è possibile? Nella cittadina simbolo della pulizia etnica potevano votare alle comunali anche i musulmani che se ne sono andati e non hanno la residenza. Nelle elezioni del prossimo ottobre non sarà più così ed i serbi, che battono 2 a 1 i musulmani residenti faranno eleggere il loro candidato, che sarà un nazionalista. Ironia della sorte la decisione è stata presa a Sarajevo la settimana prima dell’inizio del processo a Mladic.
Il comandante dei serbi di Bosnia durante la guerra del 1992-'95 si è presentato in aula in completo grigio e perfetta forma nonostante gli acciacchi ed i 70 anni suonati. Non solo: ha applaudito e alzato il pollice verso l'alto durante l'udienza, in segno di scherno e sfida. Il giudice Alphons Orie è dovuto intervenire per «l'inappropriata interazione» con il pubblico. Sembra che Mladic ed una donna musulmana si siano minacciati a distanza e alla fine il generale avrebbe mimato di tagliarle la gola.
A parte le provocazioni l'ex generale ha seguito con attenzione la requisitoria del procuratore del tribunale internazionale de L'Aja per i crimini di guerra nell'ex Jugoslavia. Ogni tanto prendeva appunti inforcandosi gli occhialini, per poi toglierli e sfoderare lo stesso sguardo affilato e gli occhi di ghiaccio dei tempi della guerra.
Mladic ha perseguitato musulmani e croati «per il solo motivo che appartenevano ad un’etnia diversa da quella serba» ha dichiarato il procuratore Dermot Groom. Secondo la pubblica accusa «la leadership serba scelse di usare la pulizia etnica e diede a Mladic il mandato di applicare i confini della mappa alla geografia della Bosnia». Groom ha citato tre atrocità, che costituiranno i pilastri dell'accusa: l'esecuzione di 150 musulmani a Vecici nel 1992, il massacro di Srebrenica e la strage del mercato di Markale, nel centro di Sarajevo, nel 1995. «La procura presenterà le prove che dimostreranno - ha dichiarato Groom - oltre ogni ragionevole dubbio, che dietro questi crimini c’era la mano di Ratko Mladic». L’ex generale catturato in Serbia nel 2011, dopo 16 anni di latitanza, è apparso tutt’altro che pentito e remissivo.
Molti in Bosnia non hanno preso bene la decisione su Srebrenica presa dalla commissione elettorale alla vigilia del processo. Nel 2008, la città simbolo della strage, ha eletto un sindaco musulmano grazie alla speciale concessione che permetteva agli scampati del massacro di votare, anche se non erano più residenti. Srebrenica è un enclave nel territorio della Republika Srpska, una delle entità della fragile Bosnia-Erzegovina. La zona serba è dominata da Milorad Dodik, un leader nazionalista che non si è sporcato le mani di sangue durante la guerra. Per questo ha gioco facile a sminuire i crimini del passato puntando a voltare pagina.
Srebrenica è un’«isola» guidata dal sindaco musulmano Camil Durakovic: «Vogliamo che la gente nata qui e costretta alla fuga dal genocidio possa continuare a votare». Prima della pulizia etnica la cittadina contava 37mila abitanti, 80% dei quali bosniaci musulmani. Dopo la guerra sono rimaste 6-7mila persone e solo il 30% di etnia bosniaca e religione musulmana. In pratica i serbi li sovrastano con un rapporto di 2 a 1. Se votassero solo i residenti è inevitabile che il prossimo sindaco delle elezioni di ottobre sarà serbo e molto probabilmente nazionalista. Chi è sopravvissuto al massacro non ha intenzione di tornare stabilmente, ma pretende di votare rispettando il censimento anteguerra del 1991.
L’alto rappresentante internazionale Valentin Inzko, ha poteri di veto, ma difficilmente accontenterà i musulmani.

Gli ambasciatori occidentali a cominciare da quello americano hanno messo in chiaro che Srebrenica non può essere un'eccezione e si deve votare come il resto del paese. Però il prossimo sindaco, secondo il diplomatico Usa, dovrà «garantire che il massacro non sarà dimenticato».

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