Caro Vittorio,
ti importuno perché sono curioso di sapere come la pensi. Tra le qualità che hai mostrato nella tua vita e nei successi professionali, ce n'è una pressoché indiscussa. Sei uno dei più attenti conoscitori della testa, del portafoglio e della pancia dell'elettorato moderato, conservatore, di centrodestra o come cavolo lo si voglia chiamare. Ti mando questa letterina proprio perché so che non hai bisogno di sondaggi o ricerche per sapere come la pensino i tuo lettori.
E allora, ti chiedo tre cose. Serie ma con un po’ d’ironia, che aiuta sempre. In modo che tu risponda a me mandandomi anche a quel paese se le domande ti sembrino malposte, ma prendendomi come scusa per rivolgerti ai tuoi lettori. A molti dei quali, dicono i sondaggi e i risultati delle amministrative, evidentemente frullano per il capo domande analoghe.
Primo. Bisogna oppure no tirare un bilancio finale di questi 18 anni? Vittorio, tu ai tempi delle bordate finali alla Prima Repubblica stavi alla barra di un giornale che era l'equivalente, per moltissimi versi, del Fatto Quotidiano di oggi. Non parlo di simpatie politiche o di stile, non desidero che te ne abbia a male tu, Padellaro o Travaglio. Parlo di causa ed effetto, colpi di maglio dei magistrati e fine di un sistema politico.
Allora la protesta nuova era la Lega, oggi è Grillo. Ma già alle amministrative è stato evidente che era un fischio di fine partita, la fuga fino a un elettore su due dal fronte berlusconiano. Non mi rispondere con le cifrette delle minori perdite. Stiamo al punto. Se stiamo come nel ’93-94,e io credo di sì, allora il Pdl non è più il contenitore e Silvio non è più il contenuto di una proposta che possa anche solo sembrare vincente. Berlusconi è bravo a indurre sindromi da dipendenza, nostalgie e rimpianti miracolistici. Ma credere che il problema sia Alfano non è da ingenerosi, è da somari. È su Berlusconi, il bilancio tirato dagli italiani, a cominciare da chi gli ha dato il voto.
Secondo. Lascio da parte come la penso io sull’accoppiata Berlusconi-Tremonti, che ha segnato nell'economia i governi di destra. Contano i fatti, quelli che fan la differenza nelle tasche di lettori ed elettori. Paghiamo più tasse o meno tasse rispetto agli esordi di Berlusconi, che tutte le volte diceva di volerle abbassare? Molte di più, un'infinità più di allora. Non dirmi, Vittorio, che la colpa è di Monti. Perché Monti ne ha aggiunte parecchie di sue, invece di cambiare marcia. E questo è per me il suo errore, cioè ha proseguito esattamente sulla stessa via di Silvio e Giulio.
Abbiamo più spesa pubblica indifendibile o meno, dopo Berlusconi? Più debito pubblico o meno? La risposta la danno i numeri. Abbiamo più spesa, più tasse e più debito.
I vertici e i parlamentari del Pdl possono pure illudersi. Ma i piccoli imprenditori, gli artigiani, i commercianti, e i tantissimi dipendenti a basso reddito che- a scorno della sinistra - votavano per Silvio, sono proprio quelli che più di tutti a milioni incassano sberle quotidiane, e quest'anno il loro reddito disponibile scende quasi del 3%, il peggior dato dal secondo dopoguerra.
Terza domanda. Se a tuo giudizio hanno qualche fondamento i punti uno e due, eccoti spiegata la ragione per cui il povero sottoscritto si è deciso a fare una cosetta, insieme a tanti altri di buona volontà. Di fronte a una politica incapace di trarre bilanci, buona al più a dire che il voto degli italiani va neutralizzato perché tutto resti come ora, ci siamo detti che occorreva provare a dire che serva una «cosa» nuova.
Venga o non venga un mano dall'Europa, occorre abbattere il debito pubblico cedendo mattoni e proprietà di Stato, non con avanzi primari di 6-7 punti di Pil a questi livelli di tassazione strozza-Paese. Solo facendo così, la spesa pubblica corrente può e deve scendere di molto, però con un patto solenne di restituirla in meno tasse a lavoro e impresa. Senza, non si torna a crescere. È l'esatto opposto di quello che hanno fatto destra, sinistra e tecnici, al governo in questi 18 anni.
Perché voglio essere chiaro: qui si parla della destra, ma un eguale ragionamento, tale e quale, vale per tutti i pezzi della vecchia politica. Solo che, a destra, Renzi non c'è. Non pensiamo certo al 51%, ma non vediamo perché regalare quell’italiano su due che dichiara o di non votare, o di non votare per i vecchi partiti, solo alla legittima opera di intercettazione di Grillo e Di Pietro. Gli italiani ne hanno le tasche piene chiunque abbiano votato, di questo Stato dilapidatore e ingiusto, forte con i deboli e debole con i forti.
La domanda è semplice. Non ti convince? E perché? Dirai tu: ma i leader, dove sono e chi sono? Giusto. Giustissimo, anzi. Quello, però, lo vediamo più avanti. Tra poco, in ogni caso. Se non ne avremo di buoni da proporre, è chiaro che l'idea perde peso. Intanto parliamo dell'idea in sé. Che in poche settimane raccoglie il consenso di decine di migliaia di persone, al nostro manifesto e programma su www.fermareildeclino.it.
Sei proprio convinto, caro Vittorio, che nella testa e pancia dei tuoi lettori la fedeltà personale a Silvio debba prevalere e prevalga sui danni nel portafoglio? Ti dirò: mi consegno alla tua replica magari sferzante, ma fatico a pensarlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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