Alcune idee per provare a sopravvivere

Oscar Giannino presenta qualche idea nuova per provare a rilazarsi: ecco un programma liberale

Caro Vittorio,

ti importuno perché so­no curioso di sapere come la pensi. Tra le qualità che hai mo­strato nella tua vita e nei successi professionali, ce n'è una presso­ché indiscussa. Sei uno dei più at­tenti conoscitori della testa, del portafoglio e della pancia dell'elettorato moderato, conserva­tore, di centrodestra o come cavolo lo si voglia chiamare. Ti mando questa letterina proprio per­ché so che non hai biso­gno di sondaggi o ricer­che per sapere come la pensi­no i tuo lettori.

E allora, ti chiedo tre cose. Serie ma con un po’ d’ironia, che aiuta sempre. In modo che tu risponda a me mandandomi anche a quel pae­se se le domande ti sembrino malposte, ma prendendomi come scusa per rivolgerti ai tuoi lettori. A molti dei quali, dicono i sondaggi e i risultati delle amministrative, evidentemente frul­lano per il capo domande analoghe.

Primo. Bisogna oppure no tirare un bilan­cio finale di questi 18 anni? Vittorio, tu ai tempi delle bordate finali alla Prima Repub­blica stavi alla barra di un giornale che era l'equivalente, per moltissimi versi, del Fat­to Quotidiano di oggi. Non parlo di simpa­tie politiche o di stile, non desidero che te ne abbia a male tu, Padellaro o Travaglio. Parlo di causa ed effetto, colpi di maglio dei magistrati e fine di un sistema politico.

Allora la protesta nuova era la Lega, oggi è Grillo. Ma già alle amministrative è stato evidente che era un fischio di fine partita, la fuga fino a un elettore su due dal fronte ber­lusconiano. Non mi rispondere con le cifret­te delle minori perdite. Stiamo al punto. Se stiamo come nel ’93-94,e io credo di sì, allo­ra il Pdl non è più il contenitore e Silvio non è più il contenuto di una proposta che pos­sa anche solo sembrare vincente. Berlusco­ni è bravo a indurre sindromi da dipenden­za, nostalgie e rimpianti miracolistici. Ma credere che il problema sia Alfano non è da ingenerosi, è da somari. È su Berlusconi, il bilancio tirato dagli italiani, a cominciare da chi gli ha dato il voto.

Secondo. Lascio da parte come la penso io sull’accoppiata Berlusconi-Tremonti, che ha segnato nell'economia i governi di destra. Contano i fatti, quelli che fan la diffe­renza nelle tasche di lettori ed elettori. Pa­ghiamo più tasse o meno tasse rispetto agli esordi di Berlusconi, che tutte le volte dice­va di volerle abbassare? Molte di più, un'in­finità più di allora. Non dirmi, Vittorio, che la colpa è di Monti. Perché Monti ne ha ag­giunte parecchie di sue, invece di cambiare marcia. E questo è per me il suo errore, cioè ha proseguito esattamente sulla stessa via di Silvio e Giulio.

Abbiamo più spesa pubblica indifendibi­le o meno, dopo Berlusconi? Più debito pub­blico o meno? La risposta la danno i nume­ri. Abbiamo più spesa, più tasse e più debi­to.

I vertici e i parlamentari del Pdl possono pure illudersi. Ma i piccoli imprenditori, gli artigiani, i commercianti, e i tantissimi di­pendenti a basso reddito che- a scorno del­la sinistra - votavano per Silvio, sono pro­prio quelli che più di tutti a milioni incassa­no sberle quotidiane, e quest'anno il loro reddito disponibile scende quasi del 3%, il peggior dato dal secondo dopoguerra.

Terza domanda. Se a tuo giudizio hanno qualche fondamento i punti uno e due, ec­co­ti spiegata la ragione per cui il povero sot­toscritto si è deciso a fare una cosetta, insie­me a tanti altri di buona volontà. Di fronte a una politica incapace di trarre bilanci, buo­na al più a dire che il voto degli italiani va neutralizzato perché tutto resti come ora, ci siamo detti che occorreva provare a dire che serva una «cosa» nuova.

Venga o non venga un mano dall'Europa, occorre abbattere il debito pubblico ceden­do mattoni e proprietà di Stato, non con avanzi primari di 6-7 punti di Pil a questi li­velli di tassazione strozza-Paese. Solo fa­cendo così, la spesa pubblica corrente può e deve scendere di molto, però con un patto solenne di restituirla in meno tasse a lavoro e impresa. Senza, non si torna a crescere. È l'esatto opposto di quello che hanno fatto destra, sinistra e tecnici, al governo in que­sti 18 anni.

Perché voglio essere chiaro: qui si parla della destra, ma un eguale ragionamento, tale e quale, vale per tutti i pezzi della vecchia poli­tica. Solo che, a destra, Renzi non c'è. Non pen­siamo certo al 51%, ma non vediamo perché re­galare quell’italiano su due che dichiara o di non votare, o di non vota­re per i vecchi partiti, so­lo alla legittima opera di intercettazione di Grillo e Di Pietro. Gli ita­liani ne hanno le tasche piene chiunque ab­biano votato, di questo Stato dilapidatore e ingiusto, forte con i deboli e debole con i for­ti.

La domanda è semplice. Non ti convin­ce? E perché? Dirai tu: ma i leader, dove so­no e chi sono? Giusto. Giustissimo, anzi. Quello, però, lo vediamo più avanti. Tra po­co, in ogni caso. Se non ne avremo di buoni da proporre, è chiaro che l'idea perde peso. Intanto parliamo dell'idea in sé. Che in po­che settimane raccoglie il consenso di deci­ne di migliaia di persone, al nostro manife­sto e programma su www.fermareildeclino.it.

Sei proprio convinto, caro Vittorio, che nella testa e pancia dei tuoi lettori la fedeltà personale a Silvio debba prevalere e preval­ga sui danni nel portafoglio? Ti dirò: mi con­segno alla tua replica magari sferzante, ma fatico a pensarlo.

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