Il caso Gli «ex» rifanno i loro conti

Ex mariti -ma anche non poche ex mogli - dovranno aggiungere al trauma della separazione o del divorzio anche quello delle maggiori tasse sull'assegno versato al coniuge? È un dubbio che preoccupa molti contribuenti, considerato che nel 2010 il «monte assegni» dichiarato dagli italiani sfiorava i 750 milioni di euro: a scatenarlo un paragrafo della legge di stabilità, così come è stata comunicata dal consiglio dei ministri. Dove si introduce, per i redditi superiori ai 15mila euro, una franchigia di 250 euro per «alcune deduzioni e detrazioni Irpef». La parola chiave qui è deduzioni: che, ricordiamo, significa le spese che possono essere sottratte al reddito imponibile, su cui poi si paga l'Irpef in base all'aliquota corrispondente al proprio scaglione.
Attualmente, sono interamente deducibili gli assegni periodici di mantenimento- i cosiddetti «alimenti» - corrisposti al coniuge separato o divorziato, purchè stabiliti da un provvedimento dell'autorità giudiziaria.
È escluso invece l'assegno di mantenimento dei figli. Fin qui, è tutto abbastanza semplice: tanto si versa, tanto si detrae. Ma dall'anno prossimo, il popolo degli ex dovrà con ogni probabilità munirsi di calcolatrice per verificare come cambierà lo sconto fiscale e quanto si dovrà pagare in più. Al momento, in realtà, non si sa ancora quali spese deducibili saranno colpite dalla scure del fisco, e in particolare se vi rientreranno anche gli assegni alimentari: ma in attesa di maggiori delucidazioni, proviamo a fare qualche esempio.
Immaginiamo un signore con un reddito lordo complessivo di 40mila euro, che versa alla sua ex moglie alimenti per 12mila euro: potrà dedurre solo 11.750 euro. Essendo nella fascia di reddito tra 28mila e 55mila euro, è soggetto all'aliquota del 38%: quindi avrà maggiori tasse per 95 euro, ossia il 38% di 250 euro, rispetto al 2012.
Un suo amico che invece ha 70mila euro di reddito lordo compelssivo e versa all'ex moglie 20mila euro di alimenti, potrà dedurne nella dichiarazione soltanto 19.750. Essendo però soggetto all'aliquota del 41% - che riguarda lo scaglione tra 55mila e 75mila euro - la sua tassa aggiuntiva sarà di 102,50 euro, ossia il 41% di 250 euro. Ma ancor più delle cifre, conta il cambiamento di sistema. «Stiamo passando da un sistema che si basa molto su detrazioni e deduzioni - spiega Massimiliano Sironi, presidente della commissione Diritto Tributario nazionale dell'Ordine dottori commercialisti ed esperti contabili di Milano - per garantire la progressività del tributo, a un sistema che punta sulle aliquote per ottenere lo stesso scopo.

Certo, per il fisco è più semplice verificare gli scaglioni, anzichè addentrarsi nel variegato panorama di deduzioni e detrazioni, con relativi limiti. Ma ancora non si capisce come opereranno le franchigie di cui parla la legge».

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