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La cerimonia per il martire di Cosa Nostral'altra piazza

«Stu parrino si tirava i picciotti cu iddu, quindi faciva stu dannu, predicava tutta arnata, avutri problemi».
Doveva morire perché prete. E perché da prete «predicava tutta la giornata», «tirava a sé i bimbi», creava «altri problemi». Ai mafiosi, alla mafia. Quella che per volere dei capi del mandamento di Brancaccio, i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, lo ha ucciso. Ma ieri mattina, almeno su questo fronte, Cosa Nostra ha perso la sua battaglia. Per sempre.
Padre Pino Puglisi, il sacerdote ucciso il 15 settembre del 1993, nel giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, è stato proclamato beato. Nella spianata del Foro Italico, davanti ad 80 mila persone, il cardinale Salvatore De Giorgi ha dato lettura della lettera apostolica con la quale papa Francesco ne ha sancito l'elevazione agli onori degli altari, sulla scorta del decreto emanato già il 28 giugno 2012 da papa Benedetto XVI: martire in odio alla fede perché ammazzato nel tentativo - vano - di stroncarne l'opera di evangelizzazione e promozione umana, ispirata solo e soltanto al Vangelo.
Sul palco, alla presenza di 46 vescovi, a presiedere la celebrazione eucaristica è stato l'arcivescovo di Palermo, il cardinale Paolo Romeo. In platea, 750 presbiteri e quasi un centinaio di diaconi. E poi le istituzioni: il vicepremier Angelino Alfano; il presidente del Senato, Pietro Grasso; i ministri Annamaria Cancellieri e Giampiero D'Alia. Tutti a rendere omaggio al prete che, nel suo messaggio, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha definito «un esempio da seguire per coloro che non intendono piegarsi alle prevaricazioni della criminalità organizzata».
Nato a Palermo il 15 settembre del 1937, ordinato sacerdote il 2 luglio del 1960, padre Puglisi era stato chiamato a Brancaccio nell'ottobre del 1990 dal cardinale Salvatore Pappalardo. E subito s'era messo al lavoro, privilegiando le opere, la formazione, la carità, l'attenzione agli ultimi, in particolare ai bimbi del quartiere, reclutati come soldati dalla malavita. L'apertura del centro «Padre Nostro», la scelta di allontanare dagli organismi parrocchiali i mammasantissima, la fermezza mostrata anche di fronte a minacce ed aggressioni, indussero i boss a decretarne l'uccisione. Ma parlare di lui come di un eroe sarebbe un errore: «Padre Puglisi sapeva di poter andare incontro alla morte», puntualizza il postulatore della causa di beatificazione, monsignor Vincenzo Bertolone, «ma ad animarlo era solo la volontà di diffondere la buona novella. Col suo sacrificio ha svelato il grande inganno: la mafia è la negazione del Vangelo, sebbene nel tempo i mafiosi abbiano ostentato la loro presunta religiosità, esibendo immaginette e libri sacri». Pure per questo, nella sua omelia, il cardinale Romeo ha esortato alla conversione, riproponendo il grido lanciato nel 1992 nella Valle dei Templi da papa Giovanni Paolo II: «Ai mafiosi Puglisi diceva: "Venite, parliamo", perché li voleva convertire. Oggi rinnoviamo quell'invito: pentitevi e convertitevi. Con voi, oltre la vita, non porterete niente del vostro denaro, del vostro potere, della vostra arroganza».
Da beato avrà una festa tutta sua nel calendario: il 21 ottobre. Lui l'avrebbe presa come uno scherzo, ma a Palermo c'è già chi racconta dei suoi miracoli.

E lo sogna santo.

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