La linea del Piave del Natale in India si sta avvicinando, non solo per Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, ma pure per il governo italiano che puntava a sbloccare il caso entro le festività. L'amara verità raccontata dallo stesso ministro degli Esteri, Giulio Terzi, sulla sua pagina Facebook è la grande frustrazione nei confronti degli indiani e lo scarso aiuto da parte degli alleati. La linea morbida non paga e ieri Palazzo Chigi ha tirato fuori gli attributi con un comunicato durissimo. Se i marò non torneranno a casa ci saranno «conseguenze negative (...) sull'impegno internazionale nella lotta contro la pirateria e nelle missioni di pace all'estero». Quello che da mesi chiede il Giornale: se Girone e Latorre continuano a venir trattenuti in India ci ritiriamo dalla flotta europea al largo dalla Somalia e mettiamo in forse altre missioni come quella in Libano e Afghanistan.
New Delhi ha tirato troppo la corda. Il 4 dicembre il ministro Terzi rispondendo a Pier Luigi Lamioni, capitano di corvetta in congedo ed ex ufficiale del reggimento San Marco, sosteneva con sincera amarezza: «...le assicuro che la frustrazione è tanta, e che le attività mie per riportarli a casa (i marò ndr) sono costanti e fermissime, su oltre cento tavoli internazionali di negoziazione...».
Questa mattina è l'ultima data utile per la tanto attesa sentenza della Corte suprema indiana sul destino dei fucilieri di marina. Da lunedì i giudici saranno in ferie fino al primo gennaio. Uno dei problemi della linea morbida del governo, che sembra archiviata dal comunicato di Palazzo Chigi di ieri sera, è che siamo stati lasciati spesso soli dagli alleati.
Terzi ha risposto all'ex ufficiale del San Marco su Facebook quasi sfogandosi. «Io non ho altro mezzo se non la diplomazia, essendo il Ministro degli Esteri. E voglio riportarli a casa (i marò ndr) seguendo le regole» spiega il responsabile della Farnesina. Poi descrivendo «l'enorme lavoro diplomatico» ammette: «Molti Paesi - in modo miope - lo vivono come un problema "non loro" e non vogliono pregiudicare i rapporti con l'India che è una potenza economica».
Lo stesso Terzi svela che ha dovuto sudare sette camicie al vertice bilaterale italo-francese del 3 dicembre per far inserire nel comunicato stampa congiunto «il tema Marò con un forte richiamo all'India». E il ministro aggiunge: «Ovviamente i Francesi non erano d'accordo, perchè era una bilaterale economico-finanziaria (Tav e altre cose), ma io (...) ho insistito molto e ho ottenuto che venisse inserito».
Una strada tutta in salita, pure con gli alleati, che forse ci calcoleranno di più dopo la sfuriata di Palazzo Chigi: «Il Governo italiano esprime forte delusione e profondo rammarico per il posticipo della sentenza della Corte Suprema indiana» sul destino dei marò.
Terzi continuando a rispondere all'ufficiale di marina in congedo ha raccontato di aver ottenuto nella mattinata del 4 dicembre «un colloquio molto lungo personalmente con il Ministro degli Esteri indiano, richiamando la presa di posizione italo-francese - del 3 dicembre, ndr - (ed altre cose molto incisive ma che non posso estenderle in quanto se finissero sui giornali anzitempo brucerebbero la nostra strategia e ciò non sarebbe nell'interesse dei due Marò)».
Ieri Palazzo Chigi ha chiesto all'India «una tempestiva soluzione di questo caso (...) Il differimento della pronuncia della Corte Suprema non appare assolutamente comprensibile agli occhi delle istituzioni e dell'opinione pubblica italiane e provoca forte preoccupazione».
Il 9 dicembre Stefano Bovesi scriveva a Terzi su Facebook «fino a quando i 2 marò non saranno in Italia non metto "mi piace" a questa pagina neppure sotto tortura».
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