La legge di Stabilità che si intravede dalla nota di aggiornamento del documento di finanza pubblica è tutta in due numeri. Tra il 2014 ed il 2016 il governo prevede un aumento nominale della spesa di 25 miliardi e 350 milioni (al netto della crescita di poco più di 2 miliardi della spesa per interessi); ed un incremento delle entrate di 43 miliardi e 360 milioni. Insomma, più tasse, più spese.
Il profilo è dato a legislazione vigente, vale a dire senza interventi; senza la tradizionale manovra, insomma. Con un particolare. Se così fosse realmente, il deficit del prossimo anno si fermerebbe al 2,3%; in realtà, è intenzione del governo farlo salire al 2,8%.
In tal modo, i valori previsti per le maggiori spese vanno aumentati di un punto di Pil (16 miliardi) all'anno, e quelli delle entrate di mezzo punto (8 miliardi) sempre all'anno. Per gli amanti del genere, quindi, l'aumento delle spese corrisponderebbero a 2,5 punti di Pil, mentre quello delle entrate a 3,2 punti di Pil. E la correzione del deficit tendenziale avverrebbe, quindi, unicamente sul lato delle entrate.
Nelle intenzioni di Letta gli ulteriori aumenti delle spese servirebbero per ridurre il peso fiscale sulle buste paga. Ma all'Economia l'unico meccanismo che avevano individuato per coprire queste maggiori spese (che in realtà sarebbero minori entrate) era quello di aumentare di un punto le aliquote più basse dell'Iva, all'interno di un riordino complessivo delle aliquote e dei corrispettivi panieri.
Con un particolare, però. L'Iva è l'imposta sul cui gettito viene calcolato il contributo che ogni Stato membro versa ogni anno a Bruxelles per la formazione del bilancio europeo. Pertanto, la Commissione europea prima di accogliere modifiche alle aliquote Iva, deve avere la certezza dell'invarianza di gettito. E questa si può avere soprattutto se l'intervento è finalizzato sulle aliquote più basse. Non a caso, all'Economia pensavano di alzare dal 4 al 6/8% l'aliquota più bassa: quella che viene applicata su prodotti come pane, latte, verdura, quotidiani, libri scolastici.
Secondo le tabelle della nota di aggiornamento, l'aumento delle spese tra il 2013 ed il 2014 sarà di 7,8 miliardi di euro. In compenso, le entrate cresceranno di oltre 15 miliardi. Tra il 2014 ed il 2015, le spese saliranno di 13,2 miliardi, mentre le entrate di 14,4 miliardi. Tra il 2015 ed il 2016, le spese aumenteranno di poco più di 12 miliardi e le entrate di 13,8 miliardi.
In tutti questi calcoli, il ministero dell'Economia ha utilizzato un indicatore tradizionale della finanza pubblica per calcolare la proiezione di entrate e spese: il deflatore del Pil. Con un particolare. Le spese crescono ad una velocità più bassa del deflatore del Pil indicato dalle tabelle (1,9%), mentre le entrate viaggiano ad una velocità superiore.
Ne consegue che da un punto di vista di efficacia reale dell'aumento delle spese, questo sarà limitato a 297 milioni; in compenso,
l'impatto reale delle maggiori entrate sarà di 1,4 miliardi. Fin qui, i numeri contenuti nella nota di aggiornamento al documento di economia e finanza. Numeri che possono essere modificati in ogni momento dall'autorità politica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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