Politica

Riforme: fisco e lavoro in dirittura d'arrivo Sulla pelle delle imprese

Le piccole aziende rischiano di pagare le indennità dei dipendenti pubblici Ma Monti e la Fornero accelerano: entro martedì sarà pronto il pacchetto

Riforme: fisco e lavoro in dirittura d'arrivo Sulla pelle delle imprese

Alla fine anche la politica si è accorta con il conto più salato della riforma potrebbero pagarlo le piccole, le medie imprese e set­tori come il commercio e il turi­smo. E il governo- dopo avere qua­si convinto i sindacati - si è deciso a cercare una soluzione anche per loro.

Da settimane le Pmi denuncia­no un aumento eccessivo del co­sto del lavoro a fronte di prestazio­ni che a commercianti, artigiani e società di servizi non servono. Ne­gli ultimi giorni, la trattativa tra go­verno e Pmi si è arenata, tanto che Rete imprese, la confederazione che riunisce Confcommercio, Confartigianato, Confesercenti e Cna e quindi rappresenta 2,6 mi­lioni di imprese e 11 milioni di la­voratori, ha detto che potrebbe di­sdettare i contratti collettivi di la­voro. Più che una minaccia è un problema di soldi. Nei contratti ci sono misure di welfare a favore dei dipendenti che potrebbero es­se­re tagliate per compensare il co­sto della riforma, sempre che sia­no confermate le bozze.

Rete imprese ha preparato un documento di controproposte de­stinato al ministro del Lavoro. E i nodi riguardano quasi tutte le no­vità annunciate in questi giorni. Il governo intende penalizzare i contratti a termine con un aumen­to dei contributi dell’1,4% e que­sta misura non fa eccezioni per quei settori, come il commercio e il turismo, che hanno dei picchi di attività fisiologici che non posso­no che essere coperti con questi contratti.Le rigidità che potrebbe­ro e­ssere introdotte nell’apprendi­stato ( una quota di conversioni in assunzioni per poterne usufruire) colpiscono gli artigiani. Con i nuo­vi ammortizzatori sociali, poi, gli autonomi che hanno dipendenti rischiano un aumento dei contri­buti per la disoccupazione dall’at­tuale 0,18% all’1,2%. E questo a fronte di una prestazione che uti­lizzerebbero raramente. Oltre al danno, la beffa - spiegava ieri chi ha partecipato in prima persona alla trattativa - perché i nuovi am­mortizzatori sono destinati an­che ai dipendenti pubblici con contratti a termine. Ma il ministro Fornero non ha spiegato se anche lo Stato pagherà i contributi extra. Alla fine, insomma, le aziende pa­g­heranno le indennità dei contrat­ti a termine della pubblica ammi­n­istrazione, che sono sempre di più e rappresentano la quota mag­gioritaria della nuova precarietà.

Senza contare i nuovi adempi­m­enti e rigidità sui contratti flessi­bili che non potranno che tradur­si in nuova burocrazia per azien­de già penalizzate dalle procedu­re della pubblica amministrazio­ne. Pesa anche il nuovo fondo di solidarietà allo studio del ministe­ro, che dovrebbe coprire la disoc­cupazione per i settori che non hanno un sussidio.È un po’-spie­gava ieri un imprenditore - come farci pagare per sempre la cassa in­tegrazione in deroga che il prece­dente governo aveva istituito solo per il periodo di crisi.
Su questo fronte è possibile un qualche ammorbidimento. Una marcia indietro il governo non se
 la può permettere, perché sono in qualche modo la merce di scam­bio per le modifiche all’articolo 18. Ma ieri, soprattutto dopo il pressing dei partiti di maggioran­za, il governo ha deciso di affronta­re anche questo nodo.

I tempi sono stretti. Il premier Mario Monti ha annunciato che incontrerà le parti sociali martedì 20 a Palazzo Chigi «per tirare le somme» sulla trattativa. Per allo­ra, quindi, ci sarà il pacchetto com­plessivo con il piano del governo. Che potrebbe essere molto diver­so rispetto alle anticipazioni usci­te in questi giorni. Anche sull’arti­colo 18  ieri sono proseguiti i con­ta­tti tra i leader delle confederazio­ni sindacali e il governo. Diploma­zia fuori dai riflettori che potreb­be portare novità, anche sul capi­tolo costo del lavoro.

Dalla parte delle piccole impre­se ieri si è schierato un pezzo im­portante di maggioranza. Il Pdl in particolare, con il segretario Ange­lino Alfano e con l’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi che ­parlando al convegno di comme­morazione di Marco Biagi a dieci anni dalla morte- ha chiesto al go­verno di «non fare crescere il co­sto del lavoro». Il dissenso di Rete imprese «non può non destare preoccupazione» perché poi «so­no le imprese che devono assume­re ».

Con le Pmi anche l’Udc Pier Ferdinando Casini, che general­mente non critica decisioni del­l’esecutivo, ma che ieri non ha po­tuto no­n osservare come le Pmi ri­schiano di essere «colpite oltremi­sura ». 

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