L’autentica burrata è pugliese

Gabriele Zanatta

D'accordo, ora si trova nei supermercati e nei mercati rionali di tutta Italia, avvolta in quelle caratteristiche foglie verdi di vizzo. Ma chi è sulle tracce della vera burrata deve virare a sud, nel Barese settentrionale, una spedizione che in questa stagione viene ancora più felice per il sole, il mare e le altre prelibatezze golose che fanno scintillare la zona. La genesi di questo preparato caseario (improprio chiamarlo formaggio), cui si dedicano decine e decine di produttori tra Andria, Corato e Gioia del Colle, è piuttosto recente perchè nasce negli anni Venti in una masseria di Castel del Monte. Da semplice composto che riciclava i residui di lavorazione della mozzarella, nei decenni la burrata ha spiccato il balzo verso l'alto, ricavandosi oggi una nicchia tra le più nobili del firmamento goloso, di quelle che fanno andare via di testa i ghiottoni al sol pensiero. È una sorta di fiaschetto preparato manualmente il cui involucro esterno, di morbida pasta filata, racchiude una bella dose di stracciatella, ovvero mozzarella di latte di vaccino sfilacciata nei cosiddetti lucini, la quale viene amalgamata assieme a della panna freschissima, dolce, con una percentuale di grassi attorno al 30-35%. Demiurghi di tanto bendididdio sono quei casari che lavorano imperterriti di notte, sveltissimi a incavare con grande perizia questi sacchetti ricavati a temperature da 70-80°, a infilarci dentro il ripieno di stracciatella e a chiudere il tutto a mano, sovente aiutati da un filo di raffia, lo stesso spago plastificato che chiude le scamorze, altro vanto caseario della zona da non farsi sfuggire. Essendo fatta a mano dalla testa ai piedi, la burrata non ha dimensioni standard ma pezzature variabili tra i 100 grammi e il mezzo chilo: «Ultimamente - spiega Leonardo Picerno, direttore della Cooperativa caseificio pugliese di Corato, www.caseificiopugliese.it, che con quello di Asseliti e De Fato di Andria, 0883.541513, è mecca della burrata di zona - tirano parecchio le monoporzioni da un etto. Visto l'alto contenuto proteico e calorico, circa 300 kilocarie per 100 g, noi consigliamo di consumarla da sola, come secondo piatto».

Astenersi olio-dipendenti: «Va gustata assolutamente senza condimenti - conclude Picerno - e magari accompagnata a insalate verdi, ostriche o noci di mare. Perfetta da innaffiare con vini bianchi secchi, di gusto fruttato, tipo il nostro Castel del Monte doc». Doppio e anche triplo slurp.

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