L’idrogeno in soccorso ai pericolosi black-out Ospedali e impianti industriali ora più protetti

Pulita, economica, comoda ed efficiente. È l’energia prodotta dall’idrogeno. Un’energia la cui generazione richiede però l’uso di sistemi - le cosiddette celle a combustibile o fuel cell - il cui sviluppo ha richiesto molto impegno da parte scienziati e ingegneri di tutto il mondo. Soluzioni che, negli ultimi anni, hanno iniziato a essere introdotte su alcuni mercati, previa la certificazione della loro qualità e attenta valutazione da parte dei primi utenti.
La start up piemontese Electronic Power Systems, nata nel 2005 a Torino, dopo alcuni anni di investimenti in ricerca e sviluppo, ha iniziato a vendere sul mercato mondiale Ups (Uninterruptible Power Supply), basati su questa energia. Per chi non fosse addentro alla materia, con Ups si intendono i più noti gruppi di continuità, sistemi in grado di garantire l'erogazione di energia elettrica a impianti o apparecchiature in caso di black out. Pensiamo, per esempio, a linee di produzione industriale o reparti di ospedali.
Quali i principali vantaggi dei gruppi di continuità basati su questa nuova tecnologia? La produzione di elettricità con le fuel cell è «pulita», poiché non necessita di combustione termica. A differenza di quelli tradizionali, che utilizzano batterie al piombo, gli Ups a idrogeno, non necessitano di ricariche e controlli costanti, hanno minori esigenze di manutenzione (mentre le batterie al piombo devono essere sostituite in toto nel giro di pochi anni) e occupano molto meno spazio fisico. «Oggi - garantisce Domenico Peiretti, ceo di Prima Electronics, società di ingegneria elettronica del gruppo Prima Industrie partner industriale di Eps - rispetto ai gruppi di continuità tradizionali, questi sistemi hanno un prezzo iniziale contenuto e costano meno nel corso dell’esercizio. Inoltre, pur essendo più convenienti, garantiscono tempi di back up più lunghi, nell'ordine delle diverse decine di minuti».
Gli Ups a idrogeno, per funzionare, hanno bisogno di essere gestiti da sofisticati software e circuiti elettronici che non si trovano facilmente già pronti sul mercato. Per questa ragione Eps si è guardata in giro e ha trovato, nella sua stessa regione, Prima Electronics. «La nostra azienda - ironizza Peiretti - non ha prodotti a listino: nel nostro catalogo ci sono solo ingegneri. Nel corso di trent’anni di attività abbiamo coniato una sigla per definire il nostro business model: Dots, Dedicated off the shelf». L’«elettronica su misura» è fondamentale per il funzionamento degli Ups a idrogeno, in particolare per quanto riguarda la regolazione (l’interfaccia verso gli operatori), il rilevamento dei dati fisici nelle celle e la loro conversione in dati elettronici, il controllo dei parametri di produzione e conversione dell’elettricità (potenza, tensione e così via).
Peiretti è molto ottimista sul futuro di questo business.

«Già oggi - conclude - questi Ups sono molto richiesti da mondo industriale, e in particolare dagli operatori di telecomunicazioni, che li utilizzano sulle torri e sui ripetitori. Tra gli altri settori potenzialmente più interessati vi è quello ospedaliero. Ottime prospettive arrivano dai mercati emergenti, come Indonesia, India e Cina».

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