L’Iran minaccia di far saltare il mercato del petrolio

Teheran conduce sempre il gioco e propone di nuovo la ripresa dei negoziati

Gian Micalessin

Adesso la partita è chiara. Sul tavolo del nucleare è calato l’asso più importante, quello del prezzo del petrolio. Teheran l’ha messo giù alla vigilia della riunione di Londra dove i «tre grandi europei» e gli Stati Uniti cercheranno di convincere Pechino e Mosca ad appoggiare la convocazione straordinaria di quel direttivo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) da cui dipende il deferimento dell’Iran al Consiglio di sicurezza dell’Onu.
«Qualsiasi sanzione all’Iran rischia, di disturbare la situazione politica ed economica provocando l’aumento dei prezzi del petrolio oltre i livelli previsti dall'Occidente», ha detto ieri il ministro dell’Economia Davoud Danesh-Jafari. Contemporaneamente Hossein Kazempour Ardebili, rappresentante di Teheran all’Opec, ha annunciato la proposta iraniana di un taglio della quota di produzione complessiva per il primo trimestre del 2006.
Queste prese di posizione rivolte all’Occidente, ma arrivate anche all’orecchio della delegazione cinese in viaggio per Londra, rischiano di chiudere anzitempo il vertice convocato nella capitale britannica. La riunione punta innanzitutto a far cambiare idea a Pechino che nei giorni scorsi ha sottolineato la sua contrarietà al deferimento dell’Iran al Consiglio di Sicurezza. Senza il consenso o almeno la neutralità di un Paese con diritto di veto, la diplomazia internazionale rischia di trovarsi completamente spiazzata. Ma, dopo la minaccia sussurrata da Danesh Dafari, convincere Pechino, il cui fabbisogno energetico dipende per il 12 per cento dal petrolio iraniano, sarà ancora più complesso. L’asso del petrolio rischia di spezzare anche la coesione dei tre grandi Europei. La Gran Bretagna sembra l’unica a sostenere l’ipotesi di sanzioni mentre Germania e Francia, detentrici d’importanti commesse nel settore energetico iraniano, sembrano pronte a ridimensionare la propria posizione. Venerdì Parigi ha scartato l’ipotesi di un embargo immediato e ieri anche Berlino ha avvertito che eventuali sanzioni economiche rischiano di aprire «un cammino molto pericoloso» proponendo per il momento semplici restrizioni di viaggio ai politici iraniani.
Il ricorso all’arma del petrolio era stato preannunciato sabato dal presidente Mahmoud Ahmadinejad. «Abbiamo tutti gli strumenti per difenderci, quanti usano un linguaggio duro con noi lo ricordino, sono loro ad aver bisogno di noi, dieci volte più di quanto noi abbiamo bisogno di loro», ha detto il Presidente la cui elezione ha segnato il passaggio al confronto aperto con l’Occidente sul nucleare. La strategia iraniana, a conferma di come Teheran si muova seguendo un canovaccio preciso, era già stata ventilata dal ministro del Petrolio iraniano, Kazem Vaziri Hamaneh, che il 28 dicembre scorso, prima della riapertura dei laboratori nucleari, aveva proposto all’Opec di ridurre l'offerta di un milione di barili al giorno.
L’Iran sembra dunque avere il pieno controllo del gioco. Per farlo gli basta ricorrere alla banale strategia del bastone e della carota. Dopo aver fatto balenare davanti agli occhi degli europei l’incubo di una nuova impennata dei prezzi del greggio ieri il portavoce del ministro degli Esteri, Hamid Reza Asefi, ha riproposto la ripresa del negoziato. «La diplomazia è la sola chiara risposta alla situazione attuale, raggiungerete risultati migliori riprendendo le trattative e usando un linguaggio rispettoso, piuttosto che minacce e intimidazioni», ha detto Asefi replicando alle minacce occidentali di sanzioni. «La decisione di riprendere le ricerche nucleari è irreversibile - ha sottolineato il portavoce - non esistono basi legali per deferire l’Iran al Consiglio di Sicurezza, ma se questo dovesse avvenire non saremmo preoccupati».


Sul tema della ripresa degli esperimenti nei laboratori riaperti la scorsa settimana dopo due anni e mezzo d’embargo, Asefi ha mantenuto la consueta vaghezza eludendo le domande di chi chiedeva se la ripresa della ricerca nucleare preveda anche l’arricchimento dell'uranio su piccola scala.

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