Enrico Groppali
Nel 1972 lapparizione sugli schermi del dodicesimo lungometraggio di Rainer Werner Fassbinder, quelle Lacrime amare di Petra von Kant che tanto scandalo avevano destato quando lautore aveva portato in scena la pièce allorigine del film, ebbe in Europa leffetto di un boomerang. Anche perché il regista-dramaturgo più lodato e infamato della sua generazione aveva dichiarato che Petra era il primo tassello di una trilogia sulla diversità che, pochi anni dopo, avrebbe comportato oltre alla descrizione dellomosessualità femminile, lanalisi di quella maschile e la discesa agli inferi del comportamento dei trans. Promessa ampiamente mantenuta nel Diritto del più forte come Nellanno delle tredici lune, film divenuti oggetto di culto per ammiratori e imitatori dellenfant terrible più dotato della bohéme monacense degli anni di piombo.
Ma Petra von Kant è qualcosa di più di uno sguardo spregiudicato sul mondo asettico di una creatrice di moda che, delusa dal comportamento maschile, si accosta con trepidazione e spavento a una persona del suo stesso sesso. È infatti la radiografia impietosa di uno stato di disagio che tocca le anime più dei corpi destinato a risolversi in un fallimento esistenziale senza speranza. Che avviene quando Petra constata che per quanto riguarda la legge dellattrazione e della ripulsa non esiste differenza nel comportamento umano. Che condanna il più debole allesilio dal proprio io se non al delirio di una vita dominata da un Moloch che si chiama mercato. È la terza volta che questa pièce sconsolata e beffarda viene presentata in Italia, dopo la lussuosa confezione di Mario Ferrero e ledizione asettica di De Capitani nella vibrante interpretazione di Ida Marinelli. Ora Antonio Latella, a differenza di chi lha preceduto, ha drasticamente deciso di eliminare (mi si perdoni il bisticcio) il contesto dal testo. Ridotta limpotenza del desiderio alla visione obbligata di un gigantesco manichino con tanto di pube in smaccata evidenza nellassenza totale di un décor che situi la protagonista nella fatuità di un mondo chiuso (adombrato nel film dal sontuoso letto a due piazze in cui Petra consumava i suoi giorni), lo spettacolo procede a scatti e a stacchi brechtiani con le attrici che, isolate a metri di distanza una dallaltra, si limitano a enunciare un disagio che la regia ha omesso a priori.
LE LACRIME AMARE DI PETRA VON KANT - di Fassbinder Teatro Stabile di Torino e Teatro Stabile dellUmbria. Regia di Antonio Latella, con Laura Marinoni. Roma, Teatro Argentina, fino al 3 dicembre. Poi in tournée.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.