Politica

Ladri di biciclette

In Italia si moltiplicano i furti e i comuni più colpiti si attrezzano: le due ruote dotate di una «targa» annotata su un registro on line

da Milano

Stazione di Parma, una delle città più «pedalate» d’Italia, un mese fa. Un ciclista, da poco derubato della sua amata bicicletta, passando per lo scalo ferroviario vede il suo velocipede tra decine di altri nel parcheggio, bloccato da un lucchetto. Si sa come sono i ciclisti veri: toccategli tutto, ma non quei 12 chili di acciaio, alluminio o carbonio. L’uomo non ci pensa su un istante: si procura un lucchetto e incatena a sua volta la bici, quindi attende di vedere chi viene a recuperarla e intanto chiama la polizia. Agli agenti tocca la salomonica decisione: chi dei due vanta il legittimo diritto sul veicolo? Il derubato vince la partita grazie a un asso nella manica: un segno di riconoscimento sotto la sella.
È una guerra eterna e quotidiana quella tra ladri e proprietari di due ruote, dai «Ladri di biciclette» del film di Vittorio De Sica in poi, di aneddoti ce ne sarebbero a milioni. Del resto il fenomeno «è in graduale crescita», come hanno messo nero su bianco dalla Prefettura di Verona in una delle poche statistiche che circolano in materia. Nella città scaligera le denunce sono state 1.900 negli ultimi due anni. Ma secondo le stime dei negozianti, solo un derubato su cinque sporge denuncia. Partendo da queste cifre si arriva al dato necessariamente approssimativo di un 6,7% di furti sul totale del parco bici italiano (30 milioni di veicoli). Un dato che vede l’Italia tra i Paesi più colpiti d’Europa.
Assicurarsi contro il furto del resto è impresa ardua. Ci ha provato anni fa la Milano Assicurazioni e ha dovuto desistere e lo stesso la Zurich nel 2004: troppi furti veri e simulati. La guerra quindi procede a colpi di lucchetti sempre più resistenti e lame sempre più taglienti. Ma da qualche tempo i «buoni» stanno adottando anche una nuova strategia contro i vili predatori di pedali: dotare le bici di una sorta di «targa» e relativo registro.
Non sostituisce il lucchetto, ma può aiutare. Non c’è un’iniziativa nazionale, ma si attrezzano i Comuni dove si pedala di più. Seguendo l’esempio di Ferrara, da sempre ciclo-pioniera: firmare una convenzione con aziende che «marcano» i telai delle bici con numeri progressivi registrati in un archivio consultabile on line dalle forze dell’ordine. Le soluzioni per marchiare il telaio sono varie: microchip, punzonatura, etichette. I costi possono andare da meno di dieci fino a un centinaio di euro per le soluzioni più sofisticate, per sole due ruote di lusso.
La Easytag ad esempio, azienda bresciana che ha importato un brevetto americano, propone un’etichetta adesiva particolarmente resistente. «A Parma - spiega Claudio Pasinelli, amministratore dell’azienda - il Comune ha acquistato uno stock di etichette e ne distribuisce una per famiglia. A Brescia abbiamo invece un accordo che coinvolge i rivenditori. Il sistema prevede il rilascio di un libretto e tutti i passaggi di proprietà sono registrati sul nostro sito internet, per cui acquirenti e forze dell’ordine possono verificare se una bici è rubata o meno».
Il presidente della sede veronese della Federazione amici della bicicletta, Paolo Fabbri, si dice contrario a un registro gestito da privati e ha trovato la collaborazione della polizia municipale di Verona: «Istituiremo un registro dei numeri di telaio sul nostro portale Teseo - annuncia il comandante Luigi Altamura -. Non si tratta solo di scoraggiare chi ruba le bici e chi le compra senza chiedersi da dove vengono. Ma anche di aiutare le forze dell’ordine a rintracciare i proprietari. Il furto d’uso è il più comune: c’è chi si appropria di bici per percorrere pochi chilometri e poi le abbandona. Nel nostro deposito ci sono oltre 100 bici ritrovate di cui non conosciamo il proprietario.

Con il registro potremmo restituirle a chi ne ha diritto».

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