Gas, petrolio, cemento, tessile, componentistica, servizi finanziari, turismo e agricoltura: la squadra degli «italiani dEgitto» spazia da alcuni dei maggiori gruppi quotati in Piazza Affari a molte piccole e medie imprese ambasciatrici del made in Italy. Tutte ormai costrette a fare i conti con il precipitare degli eventi nel Paese nordafricano, considerato da più parti sullorlo della guerra civile. Da qui la decisione di abbassare la serranda, sulla scia di quanto fatto da altre multinazionali, di una realtà del settore delle costruzioni come Italcementi, per la quale lEgitto equivale a 800 milioni di fatturato. Forte nellarea anche Cementir del gruppo Caltagirone che dalla penisola del Sinai esporta cemento in Algeria, Siria e Marocco. In ogni caso la gran parte delle imprese italiane sta organizzando ponti aerei per riportare in patria i propri addetti, come ha fatto Intesa Sanpaolo che controlla Bank of Alexandria, la quinta banca del Paese nord-africano, con 200 filiali, 1.600 clienti e 4,5 miliardi di attivo. «I nostri dipendenti sono rientrati in Italia, aspettiamo di vedere come evolve la situazione», ha detto lamministratore delegato Corrado Passera. Il numero uno di Intesa ha specificato di non aver «sentore di alcuna preoccupazione» e di non vedere «al momento problemi per gli investitori esteri». Il sistema bancario italiano nel suo complesso, con 6,9 miliardi, è anche il terzo più esposto verso lEgitto, dopo Francia e Inghilterra.
Lattenzione è però rivolta soprattutto alla delicatezza dellarea e alle ripercussioni sui prezzi delle materie prime e in particolare del petrolio. Lungo il canale di Suez transita, infatti, circa un terzo del mercato mondiale di greggio: ieri il brent ha superato per la prima volta in due anni i 100 dollari al barile malgrado lOpec, il cartello dei Paesi produttori, si sia detto pronto a intervenire. Da qui il moltiplicarsi dei timori per la stessa tenuta delleconomia del Paese, con le Borse spaventate sia dalla mossa dellagenzia internazionale Moodys (che ha tagliato il giudizio sul debito sovrano dellEgitto), sia dallesplodere delle speciali polizze che proteggono contro linsolvenza degli Stati (i cosiddetti «credit default swap»).
Gli impianti sono rimasti in funzione anche per vincoli istituzionali, ma hanno scelto di evacuare gli addetti italiani anche colossi dellenergia come Eni, che è presente nel Paese dal 1954 ed è il primo operatore internazionale di idrocarburi con attività ramificate, ed Edison che nel gennaio del 2009 ha acquisito per 1,4 miliardi di dollari i diritti di esplorazione della concessione off-shore di Abu-Qir, al largo di Alessandria. Ma la squadra dei big con interessi in Egitto comprende anche Pirelli, che possiede uno stabilimento ad Alessandria con mille addetti egiziani, Enel ed Autogrill, oltre a società pubbliche come le Ferrovie dello Stato (coinvolte nella realizzazione della rete ad alta velocità tra Il Cairo ed Alessandria) e le Poste (che hanno firmato un accordo per introdurre nel Paese una carta prepagata pensata per le rimesse degli emigranti).
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