Succede che scenda il buio. Nell'anima però. Un velo di tristezza accarezza il corpo. Il senso dell'impotenza prevale e il disagio assale.
E succede. Succede in un modo che travolge e sconvolge. Eppure la vita è sacra. Non immortale vero. Ma sacra.
Nessuna accusa. Nessuna inutile supplica. Era scritto che così doveva andare. Il rammarico resta e il ricordo torna prepotente.
È il mio modo di salutarti Eluana. Senza paternalismi e ipocrisia alcuna.
Eppure. Eppure succede che a volte l'amore può spingere verso altri confini. Anche quando a parlare è un figlio. Anzi una figlia. Perché si può amare una madre, tanto quanto una madre può amare un figlio. Perché il dolore è tale anche quando non finisce in una aula di Parlamento. E anche quando non viene urlato, invocando la morte. Quando una stretta di mano, insomma rendere intimo ed elevato un sentimento semplice.
Perché
succede che il dolore irrompe in casa. Nella stanza della propria madre, dove la malattia arriva devastante. Le crisi anche. Il coma pure.
E succede che i medici sentenziano. Competenti e razionali non risparmiano. Il dolore sale, la paura anche. Perché pensare di perdere la mamma è come perdere l'equilibrio. Ma poi... arriva la forza, la fede, l'abbraccio e la sofferenza. E la vita che di istanti è fatta, regala ancora attimi che diventano anni. Il coma che avrebbe dovuto trasformarsi in morte certa, nel caso di mamma Francesca, rompe gli schema e si trasforma in un sorriso dopo una settimana.
La forza diventa fede e la fede diventa forza. Non si torna mai più liberi. Ma si torna a vivere.
Anche se per poco. Un secondo coma chiama ancora. Questa volta però è meno clemente. Il sorriso diventa dolore lancinante. La voglia di combattere è la stessa. Così come la forza e la fede. Ma mai nessuno a chiedere e implorare la morte.
Questo mai. Certo il corpo cambia, così come il bagliore degli occhi. La mente forse si perde. Forse. Ma finché c'è vita, c'è davvero speranza.
E poi quella sera. Entro nella stanza fredda ma illuminata della poco amata rianimazione. Guardo la mamma. Le sfioro la mano. La stringo forte. Mi rendo conto che la sofferenza ha superato ogni limite.
La guardo e le chiedo di andare via, se mai avesse voluto. Solo parole nella piena consapevolezza del dolore che disarma.
Qualcuno pensa che sia solo una pura casualità. Ma io no!
La notte la mamma è volata via. Con una discrezione disarmante. Nessuna sospensione. Il corso della medicina e della stessa vita ha continuato a fare il loro corso.
Mi chiedo Signor Englaro se ha fatto la stessa domanda a sua figlia prima di morire?
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