Sulla sua scrivania di presidente della Sea, la società che gestisce gli aeroporti di Linate e di Malpensa, Giuseppe Bonomi, tiene bene in vista cinque modellini daereo: quattro sono di Lufthansa o di sue controllate. Quello al quale tiene di più è un Airbus con la scritta Lufthansa Italia: «Me lo regalarono allavvio dellattività italiana a Malpensa. Fu un momento importante».
Ma Lufthansa Italia oggi abbandona il Milano-Roma, mostrando, in qualche modo, di volersi disimpegnare.
«No. Wolfgang Mayrhuber, numero uno del gruppo, la settimana scorsa mi ha assicurato lassoluta intenzione di mantenere intatti tutti i programmi di crescita a Malpensa, nonostante la crisi del trasporto aereo».
Anche il lungo raggio dal 2011?
«Ha ripetuto che i programmi restano intatti. Comunque, stiamo superando la crisi e stiamo continuando a crescere».
Lufthansa vi ha dato una mano a superare il momento drammatico del de-hubbing di Alitalia, due anni fa. Laeroporto tuttavia non ha ripreso la sua configurazione di hub, snodo tra medio e lungo raggio.
«In questo senso siamo fiduciosi, e continuiamo a fare investimenti anche in quellottica. Per esempio, non abbiamo interrotto la funzionalità del Bhs, limpianto dei bagagli in transito».
Che cosa prevedono i vostri piani?
«Entro il 2016 1,4 miliardi di investimenti: tenga conto che fra dieci anni 60 aeroporti medi e grandi in Europa saranno saturi. Tra il 2004 e il 2008 abbiamo già impiegato 530 milioni, dopo aver distribuito dividendi ai nostri azionisti per 350 milioni».
Quindi in larga parte a Comune e Provincia di Milano.
«Sì. Siamo una società pubblica sui generis. Non siamo finanziati con soldi pubblici, ma anzi contribuiamo alle pubbliche entrate».
Torniamo allhub. Si è sempre detto che senza una grande compagnia di riferimento che alimenti il lungo raggio con una propria rete di breve e medio, un aeroporto non può svolgere la funzione di cerniera.
«È vero. Ma Malpensa andrà oltre questo modello. Sarà una rivoluzione, qualcosa che non esiste al mondo».
Ci spieghi.
«Partiamo da due presupposti: il primo, che sta cambiando la domanda, i passeggeri sul medio raggio guardano sempre di più al prezzo. Questo significa che le compagnie tradizionali continueranno a perdere quote di mercato a favore delle low cost. Il secondo: a Malpensa convivono felicemente due terminal, uno dedicato alle compagnie tradizionali, laltro alle low cost, appunto. È stata la grande svolta dopo labbandono di Alitalia, e ora stanno studiando il nostro caso anche altri scali, a cominciare da Monaco».
Da queste due premesse, che cosa si ottiene?
«Noi pensiamo di ricreare lhub mettendo insieme proprio questi due modelli di business. Immaginiamo una low cost che raccolga passeggeri in Italia e in Europa per avviarli a Malpensa sulle grandi rotte oceaniche. Oggi i consumatori sono costretti a costruirsi questo tipo di viaggi da soli, su internet o in agenzia. Nel nostro modello il ruolo di coordinamento spetterà allaeroporto, che creerà continuità e integrazione tra un volo e laltro».
Ci sono anche i presupposti numerici?
«Un paio di numeri su cui stiamo lavorando: la sola EasyJet fa 100 movimenti al giorno, e le destinazioni di lungo raggio servite da Malpensa sono 63, con 257 frequenze alla settimana, in buona parte operate dallalleanza StarAlliance».
Un progetto innovativo. A quando la messa a punto?
«Non cè precedente al mondo: il progetto sarà pronto a maggio. E darà vantaggi a tutti: passeggeri, compagnie, aeroporto».
Buona parte del low cost lombardo oggi è basata a Bergamo.
«È vero. E puntiamo a fare degli aeroporti del Nord un unico sistema.
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