Marchionne, Berlino e il sacrificio di Iveco

«Alla velocità della luce» (a questo punto diremmo quasi supersonica) Sergio Marchionne ha giocato la seconda carta, quella che nei prossimi mesi darà una forma al secondo gruppo mondiale dell’auto, dove sarà la componente italiana a gestire equilibri e strategie. Insomma, una vera SuperFiat. Ma non è solo il matrimonio a tre da 80 miliardi (Fiat Group Automobiles-General Motors Europa-Chrysler) a scaldare lo scenario. A incidere oggi sui listini di Borsa sarà soprattutto la possibilità che la divisione automobilistica del Lingotto sia scorporata dal resto del gruppo, in pratica quello spin-off di cui tanto si è parlato negli scorsi anni e sul quale gli analisti si sono più volte esibiti in calcoli, stime e ricadute. A questo punto, staccato il cordone ombelicale con via Nizza, Fiat Group Automobiles finirebbe in una società quotata e a farle compagnia sarebbero le attività di General Motors (con Opel sinergie stimate in un miliardo l’anno grazie alle sinergie nelle piattaforme). I tempi per un’azione del genere, dunque, sono maturi. Marchionne, anche all’ultima assemblea degli azionisti, è stato interrogato sull’ipotesi spin-off. E la risposta era stata identica alle precedenti: «Si farà nel momento in cui la divisione Auto sarà in grado di procedere con le proprie gambe». Nel disegno del top manager di Torino l’ora «X» è vicina: dopo l’affare Chrysler, il passo decisivo si chiama Gm Europa. Sarà così superato abbondantemente il tetto di 5,5-6 milioni di veicoli, necessario - a parere di Marchionne - per affrontare in modo competitivo il futuro. Il nuovo megagruppo conterebbe, infatti, circa 7 milioni di veicoli prodotti con la possibilità di allargare il business alle attività sudamericane di Gm. E così sarà ancora di più SuperFiat. Vedremo oggi la risposta della Borsa, che ha visto il titolo di Torino guadagnare il 54% dall’inizio dell’anno. Massimo Vecchio, analista di Mediobanca, commenta positivamente la notizia: «Con la separazione - dice - verrebbe esplicitato il valore dell’operazione Fiat-Chrysler». Dopo lo spin-off la famiglia Agnelli diluirerebbe la propria partecipazione nella nuova società, attualmente sopra il 30% di Fiat.
Ma un’altra domanda ricorre in continuazione e dà luogo a interpretazioni e fraintendimenti soprattutto da parte della stampa estera. Marchionne cercherà di chiudere il maxi-accordo con Gm Europa sulla falsariga dell’operazione Chrysler, quindi senza scucire un euro? Anche ieri sera la tesi continuava a essere questa. In Germania, invece, da quando è stato confermato che Fiat aveva fatto rotta su Opel (e quindi sulla gemella inglese Vauxhall, Saab e Chevrolet Europa) si continua a parlare di offerte sotto i 750 milioni di euro, un’inezia rispetto ai 5 miliardi che inizialmente avrebbero messo sul piatto Magna International e i russi di Gaz (in un’intervista a un quotidiano austriaco il numero uno di Magna, Frank Stronach, si è invece defilato, e lo stesso avrebbe fatto il magnate di Mosca a capo di Gaz, Oleg Deripaska).

Prima o poi, comunque, Marchionne dovrà pur mettere mano al portafoglio. Oppure optare per un sacrificio: mettere sul mercato, per esempio, un gioiello del gruppo. E se fosse Iveco? Ieri qualcuno scommetteva in questa direzione.

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