Politica

Maxi-tangente sull’eolico: Pd nella bufera in Calabria

Il vento della magistratura vira dalla Sardegna alla Calabria e soffia sul Pd. Una tangente da capogiro, 2 milioni e 400mila euro, per la realizzazione di un parco eolico in Calabria, fa tremare il Pd. È questa l’ipotesi, sostenuta dalle dichiarazioni di un super testimone, che emerge da un’informativa della procura di Paola (Cosenza), che circa tre anni fa ha avviato un’inchiesta, poi finita a Catanzaro, sugli impianti eolici calabresi. La presunta tangente sarebbe stata pagata nel 2006 per il parco di Isola Capo Rizzuto, vicino Crotone. La «gola profonda» che ha spifferato ai magistrati i dettagli sul «dazio» pagato per ottenere le necessarie autorizzazioni, ha rivelato i particolari del passaggio di denaro, delle riunioni «segrete» per decidere come modificare il piano eolico originario, del ruolo dei politici coinvolti. Su tutti Nicola Adamo, ex assessore Pd alle Attività produttive nell’allora giunta di centrosinistra guidata da Agazio Loiero. Adamo, rinviato a giudizio anche per la nota vicenda Why Not, è indagato insieme al suo uomo più fidato, l’imprenditore Giancarlo D’Agni.
A verbale il testimone chiave, a proposito delle somme versate illecitamente, afferma: «I primi 200mila (...) sono stati versati subito a tranche (...) mentre per non fare accorgere che era una tangente hanno spalmato a 5mila euro a megawatt sugli impianti che noi avevamo ceduto alla... (omissis)». I fatti raccontati dal testimone sarebbero stati già vagliati: «È stata riscontrata – si legge infatti nell’informativa – la traccia seguita dal denaro indicata dallo stesso testimone (...). La tangente di Isola Capo Rizzuto ha dispiegato pienamente il suo obiettivo: quello di ottenere che gli indirizzi per l’inserimento degli impianti eolici sul territorio regionale fossero tali da garantire la costruzione e l’esercizio dei parchi di interesse delle multinazionali amiche o conseguentemente l’ottenimento dell’autorizzazione unica (...)». A svolgere la funzione di «cassaforte» e di «lavatrice» dei soldi arrivati sottobanco ai politici, scrivono gli investigatori, è stata la Saigese srl, poi rinominata Sogefil, del collaboratore di fiducia di Adamo, Giancarlo D’Agni. «Tutto quadra – si legge ancora nell’informativa - i soldi entrano in (omissis) si “lavano” in Saigese prima e Sogefil Riscossioni dopo (...) per uscirne “puliti”, in contanti, in favore dei noti referenti politici indagati in questo procedimento». Uno dei capitoli dell’informativa s’intitola così: «L’intervento di Nicola Adamo e il conseguimento dell’autorizzazione unica per il parco eolico di Isola Capo Rizzuto». Secondo le parole del superteste, infatti, per centrare l’obiettivo occorreva «modificare il progetto» e «rifare la valutazione d’impatto ambientale». È per questo motivo che «interveniva D’Agni – racconta la gola profonda – che tramite l’onorevole Nicola Adamo faceva ottenere alla (omissis) direttamente l’autorizzazione unica». In questo caso la conferma la si trova nella documentazione ufficiale della Regione. La lente d’ingrandimento della Procura si sofferma poi su quella che viene considerata la riunione chiave, tenutasi a Lamezia Terme alla fine del 2005, fra Loiero, Adamo, il dirigente generale Domenico Lemma, l’immancabile D’Agni e Diego Tommasi, all’epoca assessore regionale all’Ambiente, coinvolto in questa inchiesta ma indagato anche a Crotone (insieme all’ex governatore Giuseppe Chiaravalloti e all’ex sottosegretario alle Attività produttive Pino Galati) in un’indagine sui fondi Cipe destinati alla riconversione industriale di una centrale turbogas, ma che in realtà volavano all’estero per rientrare sotto forma di mazzette per politici locali e nazionali. In quell’incontro, secondo quanto racconta il testimone agli inquirenti, sarebbero state decise le «linee guida» del piano eolico regionale, con l’eliminazione di alcuni vincoli paesaggistici contenuti invece nella bozza originaria presentata da esperti scelti dalla Regione. La modifica del piano eolico originario, si legge nell’informativa, serviva a «favorire gli investimenti già in corso di interesse a compiacenti multinazionali del settore energetico». La conferma arriva dal dirigente regionale del dipartimento delle politiche ambientali, Giuseppe Graziano, che, ascoltato dai pm, a proposito della modifica al piano eolico, afferma: «Quando ho letto la delibera rimasi sorpreso che non erano state vietate, per la predisposizione di parchi eolici, le Zps (zone a protezione speciale, ndr) mentre lo erano nella bozza predisposta dai collaboratori citati». Sarà il governo a ripristinare le zone protette che la giunta Loiero aveva eliminato, dicono i verbali in mano alla Procura, per favorire gli imprenditori amici.
Di fronte alle prime anticipazioni sull’inchiesta rivelate dal Quotidiano della Calabria, che hanno portato a perquisizioni e accelerazioni nelle indagini, il panico ha iniziato a serpeggiare nelle stanze della politica calabrese.

Dove c’è chi trema, e chi prega.

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