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Benzina fino a 2,30 euro. "Speculazione a monte. Soluzioni? Giù le tasse"

Uniti (Figisc): "Erogato dimezzato in 2 anni. I rincari folli passano sopra la testa di molti"

Benzina fino a 2,30 euro. "Speculazione a monte. Soluzioni? Giù le tasse"

Carburanti ed energia sono alle stelle. E ci rimettono quasi tutti: le imprese, i gestori delle stazioni di servizio, i consumatori. Questo nuovo shock è il terzo in due anni. Prima il Covid, poi nell'autunno scorso la crisi energetica e adesso la guerra. Ma l'attacco bellico all'Ucraina, a ben vedere, è solo un pretesto per quel che riguarda i carburanti.

C'è una differenza, infatti, fra il gas e il petrolio. Il gas naturale effettivamente è importato in gran parte dalla Russia e quindi il rialzo ha una dinamica chiaramente legata alla guerra, per quanto finora i flussi siano sempre stati costanti. Benzina e gasolio no, il petrolio solo per il 10% arriva dalla Russia, quindi la guerra è solo una «scusa» per manovre speculative, che passano sopra la testa dei gestori degli impianti di rifornimento. E non solo sopra la loro.

«Passa anche sopra la testa dei grandi distributori e delle compagnie petrolifere - spiega Paolo Uniti, direttore milanese di Figisc, la federazione italiana dei gestori degli impianti di carburante - è alta finanza. I rialzi fanno bene a pochissimi e male a tantissimi, anche perché i consumi si congelano - sintetizza - I gestori sono vittime delle fibrillazioni del mercato, loro infatti hanno un margine lordo di circa 3 centesimi litri sia che la benzina vada a 3 euro sia che scenda a valori inferiori». «Sui prezzi - prosegue il direttore - ha ragione il ministro Cingolani, a oggi le forniture di gas e di petrolio dalla Russia non sono state né interrotte né diminuite, eppure i prezzi vanno giornalmente verso l'alto. Poi va detto che a differenza del Gas i prodotti petroliferi che arrivano in Italia per il 90% arrivano da altri paesi produttori (la percentuale di petrolio russo e di circa il 10%)».

Un'analisi del Centro Studi di Assolombarda, due giorni fa, ha attestato che il gas naturale è la materia prima col più rilevante rincaro, pari al +105,9% dal giorno dell'attacco (24 febbraio) al 9 marzo, e per qualche giorno addirittura superato i 200 euro per MWh, un livello maggiore anche al picco di dicembre 2021. Già nelle prime tre settimane di febbraio il prezzo del gas naturale europeo era sopra il pre-Covid (gennaio 2020) del +579%. La quotazione del 10 marzo (126 euro per MWh) è oltre 11 volte quella media di gennaio 2020 (11 euro per MWh). Sul fronte energia, inoltre, lo studio ha accertato che il prezzo del petrolio dallo scoppio del conflitto è aumentato del +22%, sfondando la quota dei 100 dollari al barile (128 l'8 marzo), dopo avere già accumulato a inizio febbraio un +43,1% rispetto al pre Covid.

Di questa dinamica impazzita, i gestori sono essi stessi vittime, anche perché in questa fase, acquistando in anticipo, aumenta la loro esposizione bancaria, e intanto si contraggono i consumi. Anzi, continuano a contrarsi come ormai da due anni. A Milano città, l'erogato medio annuale si attestava su 1,2-1,3 milioni di litri a impianto, adesso è intorno ai 750-850, quasi la metà. «E scenderà ancora - si prevede - dopo una piccola ripresa a fine 2020 ancora siamo dentro questa dinamica. È come un lockdowm energetico, un distributore si mantiene sul quotidiano, sui pendolari, su chi fa rifornimento tutti i giorni».

Questa ennesima crisi, insomma, si innesta su una vicenda già molto «critica». E le prospettive non sono buone, almeno per quanto riguarda il gas. Benzina e carburanti, invece, sono sottoposti a queste manovre speculative internazionali: «Quel prezzo lo stabiliscono le petroliere in giro per il mondo». Quanto alle soluzioni, arrivano indubbiamente da un intervento sulle accise.

Non solo. Uniti chiede, «in deroga alle normative comunitarie», di «tornare ad un Cip europeo, cioè a un prezzo alla pompa controllato dal Governo o da Bruxelles almeno fino alla conclusione delle tensioni internazionali».

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