I «montini» divorziano: Monti è solo

Esperimento fallito: la maionese centrista è impazzita in pochi mesi e l'ha sancito lo stesso Mario Monti, abbandonando la guida della sua creatura, «Scelta civica», dopo la «sfiducia» dei suoi senatori. Il divorzio ora è inevitabile. Da una parte i fedelissimi del senatore a vita, dall'altra i «popolari» e i moderati guidati dal ministro della Difesa Mario Mauro. Monti a Milano resta coi fedelissimi: Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario alla Cultura eletta in Lombardia 1 e l'ex candidato sindaco Gianfranco Librandi. Montiano sarebbe anche il senatore Pietro Ichino. E montiano doc è un altro deputato lombardo, Benedetto Della Vedova. Il valtellinese ed ex radicale spiega che le diverse posizioni sul governo Letta, cioè l'appoggio «senza se e senza ma» dichiarato dagli anti-montiani, è «solo un pretesto»: la «questione dirimente - dichiara - è l'idea che si debba costruire una casa comune dei popolari e dei moderati con il centrodestra». Della Vedova esclude che ci siano al centro propensioni per un'alleanza col Pd: L'opzione «non è in campo - assicura - la priorità è un centro forte e autonomo anche» come condizione per scegliere eventuali alleanze politiche.
E invece una sudditanza verso sinistra c'è stata eccome, per gli altri. Di posizioni da «reggicoda» del Pd parla per esempio l'ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini, che si trova in sintonia con il suo ex capogruppo all'Europarlamento, Mario Mauro, e con la sua prospettiva di unire «tutti gli elettori che non si riconoscono nel dirigismo e nello statalismo della sinistra». «Non sono mai uscito dall'ambito dei moderati» spiega Albertini. Al partito di Monti, lui che si definì «il Montini lombardo», rimprovera le troppe «ambiguità», e lo scollamento con quel 60% dell'elettorato di Scelta civica che è di centrodestra, mentre «su circa 70 eletti sono una decina ha la stessa estrazione». Insomma, Monti sarebbe venuto meno al suo stesso proposito di fare «il leader dei moderati» mentre «non ci sono alternative alla collocazione nel Ppe». È il «ritorno a casa» auspicato sul «Giornale» dal segretario regionale del Pdl Mario Mantovani? «Tornate a casa voi» risponde Albertini, che mentre rivendica la distanza dall'anti-europeismo della Lega ribadisce anche che «non si può governare con centri sociali, Sel e Cgil o con i retaggi del massimalismo ideologico della sinistra». E vale anche a Milano: «Mi piace la persona Pisapia, il suo stile, il suo disinteresse per il potere, ma ho molte critiche per le scelte della sua giunta. Cancellare il Pgt e rinunciare a 70 milioni di oneri di urbanizzazione - per esempio - o destinare a piazzale Lavater 10 milioni che mi paiono un danno erariale, o ancora lo stranissimo caso della Darsena in cui ci si è piegati alla demagogia populista e a un pugno di ambientalisti». Insomma, fra 2 anni e mezzo Albertini sarà dalla parte opposta a Pisapia, o a chi ci sarà: «D'altra parte - sorride - ho sempre votato per il Pli e per la Dc».
Lo scontro al centro lascia molti spiazziati.

E l'unico eletto di «Scelta civica» negli enti locali milanesi, il montiano ed ex Udc Alessandro Sancino, è molto cauto: «Calma e sangue freddo - consiglia - qualsiasi decisione venga presa insieme a coloro che hanno creduto in Scelta civica, altrimenti, qualunque essa sia, più che una scelta civica sarà una scelta elitaria».

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