Le imprese a caccia dei debitori affossate dalla «trappola Monti»

Grazie alla Regione gli imprenditori respirano un po'. Per le aziende che hanno crediti con la pubblica amministrazione è in arrivo un miliardo di euro da usare come fondo per anticipare i pagamenti

Le imprese a caccia dei debitori affossate dalla «trappola Monti»

Grazie alla Regione gli imprenditori respirano un po'. Per le aziende che hanno crediti con la pubblica amministrazione è in arrivo un miliardo di euro da usare come fondo per anticipare i pagamenti. Ma chi deve ancora riscuotere i pagamenti dai privati si sente in trappola. «Ci troviamo costretti a supplicare chi ci deve dei soldi, nemmeno stessimo chiedendo l'elemosina».

Per di più in parecchi sono caduti nel «tranello» Monti. Il governo tecnico aveva istituito una sorta di «garante del credito» per aiutare i piccoli e medi imprenditori a recuperare il denaro in tempi rapidi. Per ricevere l'assistenza bastava mandare una doppia raccomandata: una al ministero e una al debitore in questione. Risultato: il ministero non ha mai risposto. E il debitore, offeso dalla lettera «minatoria», non solo non ha più pagato ma ha fatto saltare contratti e acquisti. Insomma, la trovata ha provocato un doppio danno: niente riscossione del pagamento, niente più cliente. E un registro della contabilità sempre più sofferente.

Tanti imprenditori, dal settore agricolo a quello manifatturiero, rinunciano perfino a chiedere aiuto a un avvocato. «Costa troppo». Di contro, in base a un'indagine della Camera di Commercio di Monza e Brianza, emerge che un'imprenditore su tre fa fatica a pagare lavori e commesse già eseguiti.

«Io ho lavorato e mi trovo a pregare di essere pagato, è un'assurdità» protesta Mauro Baroni, titolare della Emmepi, un'azienda bergamasca con 26 dipendenti che produce calze per conto terzi. Lui, che vorrebbe acquistare dei macchinari per aumentare la qualità e la quantità dei prodotti e rilanciare sulla crisi, si è visto negare il prestito dalle banche a causa delle commesse non pagate. E rischia il fallimento pur ricevendo continue richieste di lavoro.

«Siamo fuori di 300mila euro e non abbiamo garanzie di vedere quella cifra» racconta. Tanti clienti, che a loro volta chiudono l'attività, saldano i debiti solo in parte, non hanno soldi. E quindi in cassa arrivano 4mila euro anziché 20mila, 800 anziché 3mila. Meglio che niente, si dicono gli imprenditori, ma non a sufficienza per far quadrare i bilanci.

Alcuni rimandano a loro volta i pagamenti, altri ci tengono a onorarli con puntualità svizzera: «Voglio girare a testa alta - spiega Baroni - senza debiti». Ma la morale che tanti traggono dalla nuova giungla del mercato è che: «Conviene avere debiti».

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