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Orban concede passaporto ungherese alla minoranza magiara dell'Ucraina

Budapest, nel pieno dello scontro diplomatico con Kiev, ha ribadito la propria contrarietà all’ingresso dell’ex repubblica sovietica nell’Ue e nella Nato

Orban concede passaporto ungherese alla minoranza magiara dell'Ucraina

Tra Ungheria e Ucraina si è appena aperto un duro scontro diplomatico. Alla base del dissidio vi è la recente decisione del governo Orbán di concedere il passaporto ungherese ai membri della minoranza magiara stanziata nel Paese slavo. Secondo le autorità di Kiev, il tentativo di Budapest di rafforzare i legami con tale minoranza sarebbe un’“indebita ingerenza” negli affari interni dell’ex repubblica sovietica.

Nel Paese slavo, i soggetti di etnia magiara sono circa 100mila, stanziati prevalentemente nella regione della Transcarpazia. La concessione del passaporto ungherese agli Ucraini appartenenti a tale etnia è stata presentata da Orbán come una “misura protettiva”, in quanto, ad avviso del leader di Fidesz, l’esecutivo di Kiev starebbe attuando una politica “palesemente discriminatoria” ai danni delle comunità allogene. La recente iniziativa dell’“uomo forte” di Budapest è stata decisa all’indomani di un’“ennesima provocazione” ascrivibile alle autorità dell’ex repubblica sovietica. Agli inizi di quest’anno, infatti, queste ultime, nel quadro di una riforma scolastica, hanno vietato l’insegnamento, negli istituti educativi nazionali, della lingua ungherese. Di conseguenza, il governo di Kiev, ad avviso di Orbán, avrebbe dimostrato di volere “cancellare” ogni legame, anche simbolico, tra la minoranza magiara e la rispettiva madrepatria. Il leader di Fidesz, concedendo, quale ritorsione per l’“ennesima provocazione” ucraina, il passaporto ungherese a tale gruppo minoritario, ha però palesemente violato le leggi vigenti nell’ex repubblica sovietica. L’ordinamento giuridico di quest’ultima, infatti, non ammette né il doppio passaporto né la doppia cittadinanza.

L’iniziativa di Orbán ha così provocato una profonda irritazione nell’esecutivo di Kiev. Quest’ultimo ha subito reagito espellendo dal territorio nazionale un console di Budapest di stanza a Beregovo, al confine tra le due nazioni. Il diplomatico era stato accusato di distribuire passaporti ungheresi agli individui di origine magiara residenti nell’Ovest dell’Ucraina. Nel comunicare ai media la notizia, il Ministro degli Esteri del Paese slavo, Pavlo Klimkin, ha dichiarato: “Il rappresentante del governo ungherese stava svolgendo attività incompatibili con lo status consolare. Ci auguriamo che, da oggi in poi, le autorità di Budapest si astengano dal promuovere atti ostili nei confronti del nostro Paese e che gli ufficiali magiari non agiscano più in violazione delle norme ucraine vigenti in materia di passaporti e di cittadinanza.” Klimkin ha quindi ribadito il fatto che le politiche nazionali nei confronti delle minoranze sarebbero “pienamente conformi” ai trattati internazionali relativi ai diritti dei gruppi allogeni.

L’espulsione del console magiaro da parte di Kiev ha indotto Orbán a disporre un analogo provvedimento nei confronti di un agente diplomatico dell’ex repubblica sovietica. Il leader di Fidesz ha infatti dichiarato “persona non grata”, quale contromisura rispetto alla recente decisione ucraina, un console in servizio presso l’ambasciata del Paese slavo a Budapest. Al diplomatico sono state concesse 72 ore per tornare in patria. Il Ministro degli Esteri magiaro, Peter Szijjarto, commentando la ritorsione disposta da Orbán, ha affermato: “Il governo ungherese non ha alcuna intenzione di restare impassibile a fronte degli atti ostili orditi dalle autorità ucraine.” Szijjarto ha poi condannato la decisione, presa dall’ex repubblica sovietica nei mesi scorsi, di rafforzare la propria presenza militare al confine tra le due nazioni.

Il potenziamento del presidio militare ucraino costituito alla frontiera con l’Ungheria è stato etichettato dal Ministro di Budapest come una “potenziale minaccia” alla sicurezza del popolo magiaro. L’esponente dell’esecutivo Orbán ha quindi ribadito la contrarietà del Paese danubiano all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea e nella Nato.

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