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Trecentottanta chiusi in un bunker per un mese. Ora spuntano i morti per asfissia

Il drammatico racconto di alcuni superstiti di Yagydne, uno dei villaggi vicino a Lukashivka e Chernihiv, a nord di Kiev, quasi completamente distrutto

Trecentottanta chiusi in un bunker per un mese. Ora spuntano i morti per asfissia

Nel dramma della guerra arrivano notizie sempre più inquietanti. L'ultima è stata raccolta dall'inviato dell'Ansa, che ha parlato con diversi abitanti di Yagydne, un villaggio vicino a Lukashivka e Chernihiv, a nord di Kiev. Un paesino quasi totalmente distrutto. "Siamo stati per oltre un mese in 380 nel rifugio di una scuola - raccontano - ma undici persone sono morte per infarto o perché non riuscivano a respirare. I soldati russi, tenendoci il fucile puntato, ci hanno permesso mano mano di seppellirli. Erano loro a darci il cibo dalle loro scatolette, mentre nelle nostre case hanno fatto razzie delle nostre cose: indumenti e roba da mangiare. Otto civili sono invece stati uccisi".

"Mio figlio torturato e ucciso"

L'Adnkronos ha raccolto un'altra testimonianza drammatica, quella di Natalia Zakhlyupana, mamma di Sergei, muratore 38enne, morto a marzo a Hostomel, nella regione di Kiev, a marzo. "Mio figlio è stato torturato e ucciso dall'esercito russo da colpi di pistola sparati alle spalle". Il corpo senza vita dell'uomo è stato trovato per strada dopo che le truppe russe si sono ritirate: "Era scalzo, con solo una maglietta addosso nonostante il freddo. Aveva le mani tirate all'indietro e tutto il suo corpo era pieno di lividi: alle mani, alla schiena e al torace", racconta la madre. La donna è convinta che sia "un crimine di guerra, perché mio figlio era un civile, non aveva alcun collegamento con l'esercito".

Sbattuto fuori di casa

Tra il 5 e il 6 marzo, "quando i militari russi hanno cominciato a portare i loro mezzi pesanti vicino ai palazzi e a entrare negli appartamenti, cacciando le persone e prendendo e distruggendo i loro cellulari, sono andati a bussare anche a mio figlio e l'hanno sbattuto fuori di casa, stabilendosi lì", racconta Natalia.

Queste informazioni le sono state riferite dai vicini di casa di Sergei. "Il 10 marzo, una persona ci ha chiamato e ci ha detto che suo fratello, che era nello scantinato del palazzo insieme a Sergei, lo aveva visto portare via dai russi con le mani legate".

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