Mondo

Recovery Fund, si scatena la rivolta in Europa: ecco cosa può succedere ora

Sono sette i Paesi europei "frugali" che non hanno sostenuto la proposta di una procedura scritta per l'adozione del capitolo "risorse proprie". È scontro

Recovery Fund, si scatena la rivolta in Europa: ecco cosa può succedere ora

Recovery Fund, nuova frenata dai Paesi cosidetti "frugali". Come riporta TgCom24, sono sette i Paesi europei che non hanno sostenuto la proposta di una procedura scritta per l'adozione del capitolo "risorse proprie", che avrebbe aperto la strada alle ratifiche dei parlamenti nazionali per il Recovery Fund. Gli Stati hanno spiegato di voler prima vedere l'insieme del pacchetto, compresa la decisione del Bilancio 2021-2027. A negare la luce verde sono stati i "frugali" (Olanda, Austria, Danimarca e Svezia), Finlandia, Polonia e Ungheria. L’ambasciatore tedesco presso l’Unione Europea, Michael Clauss, lancia l’allarme: "Abbiamo urgente bisogno di un accordo globale sul pacchetto”, vale a dire sul quadro finanziario pluriennale Ue e il Recovery Fund, ma le trattative procedono “troppo lentamente” e così “corriamo il rischio di ritardare anche il Recovery Fund”.

Come sottolinea l'Huffpost, per l’Italia sono previsti 209 miliardi delle risorse stanziate dall’Unione Europea a luglio per far fronte alla crisi finanziaria da covid, ma da qui all’erogazione dei fondi ci sono ancora passi da compiere, per nulla scontati. Innanzitutto, è necessario che il Parlamento europeo raggiunga un’intesa con la presidenza tedesca dell’Ue, in rappresentanza del Consiglio degli Stati membri, sul bilancio europeo. L’Eurocamera però sta chiedendo di rafforzare le condizionalità che legano l’uso dei fondi al rispetto dello stato di diritto: una mossa che evidentemente mette in difficoltà i Paesi dell’est, in particolare Polonia e Ungheria: da qui arriva lo stop da parte del premier magiaro Viktor Orban e dei Paesi "frugali" e lo stallo nelle trattative che rischia di ritardare l'arrivo dei fondi. Orban vuole che passi l’accordo raggiunto a luglio con gli altri leader europei, che accenna allo Stato di diritto in maniera molto blanda.

Recovery Fund, scontro sulle procedure

Come ha confermato il portavoce della Commissione europea, è in programma lunedì 28 settembre la quinta riunione interistituzionale tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo con riferimento al quadro finanziario pluriennale che include il piano Next Generation EU, meglio noto come Recovery Fund. Come riporta l'Agi, l'esecutivo Ue ha confermato che "non c'è accordo tra le istituzioni sull'unicità o meno del pacchetto" e dunque sulle procedure legislative da seguire. La disputa sui dettagli formali dell'intervento influenza fortemente i tempi di approvazione del piano. Il nodo da sciogliere rimane infatti l'ok finale del Parlamento al quadro finanziario pluriennale (Qfp), che gli eurodeputati vorrebbero modificare per renderlo "più ambizioso".

"Il Parlamento europeo si batte per finanziamenti adeguati" in particolare in settori quali "il clima, il digitale, la salute, i giovani e la ricerca, oltre alla ripresa", ha scritto questa mattina su Twitter Jaume Duch, portavoce del Parlamento europeo. Duch ha anche precisato che "il Qfp e il piano di Recovery non sono un unico pacchetto" dal punto di vista legale. Da qui l'interpretazione dell'Eurocamera, secondo la quale il Recovery Fund "potrà essere avviato quando la decisione sulle risorse proprie sarà ratificata dagli Stati membri".

Il Consiglio, dove sono rappresentati i Governi nazionali, ritiene invece il Qfp e il piano di ripresa un unico pacchetto e sostiene la necessità di un via libera generale del Parlamento prima di procedere alle ratifiche dei Parlamenti nazionali.

Commenti