Controcultura

Monti, isole, città, regni: ecco i fantasmi geografici

"L'Atlante immaginario" di Brooke-Hitching è un viaggio fra i miraggi (e i sogni) degli esploratori

Monti, isole, città, regni: ecco i fantasmi geografici

Anno 1818. Sono da poco terminate le guerre napoleoniche. La marina inglese può dedicarsi ad altro. Approfittando di un rapido scioglimento del pack a Est della Groenlandia, l'Ammiragliato inglese intensifica gli sforzi per individuare un passaggio che consenta di raggiungere l'Asia attraverso l'Artico. La ricerca di questo passaggio a Nord-Ovest impegna i britannici da tempo. Il comando della spedizione, composta da due vascelli di prim'ordine, è affidato a uno scozzese di provata esperienza, il quarantunenne John Ross. Dopo una breve sosta alle Shetland, le due navi puntano verso la Groenlandia. Raggiunta la baia di Baffin, penetrano nello stretto di Lancaster, ormai convinti di essere a un passo dalla scoperta dell'agognato passaggio. Ma di colpo l'ammiraglio Ross avvista un'immensa catena montuosa che sbarra loro la via e che viene battezzata «Montagne di Crocker», dal cognome del primo segretario dell'Ammiragliato. Valutata la situazione, Ross, tra lo sconcerto generale, ordina di invertire la rotta e fare ritorno. A nulla valgono le proteste degli ufficiali, persuasi che si tratti di un miraggio. In realtà sono davvero a un passo dalla scoperta del passaggio a Nord-Ovest e le impervie montagne avvistate da Ross, come verrà dimostrato più tardi, non esistono affatto. Al suo ritorno Ross è oggetto di motteggi e viene messo alla berlina dalla stampa. Vengono compiute altre spedizioni per accertare l'esistenza di quelle fantomatiche montagne e salvare l'onore del comandante Ross, ma invano. E ben presto delle Montagne di Crocker non si sente più parlare.

Ma esse non sono le sole cui sia toccata una simile sorte. Siete mai approdati sull'isola di Buss o siete mai stati in vacanza alle isole Aurora? Se la risposta è no, poco male. Perché in effetti sono luoghi che non esistono. Sono esistiti, per un certo periodo. E non solo nella fantasia, dal momento che erano riportati su numerose carte e mappe fin quasi al secolo scorso. E con abbondanza di particolari. Per lungo tempo si è creduto che fossero reali come il fiume Po o il Monte Bianco. Eppure non esistevano realmente. Ci volle parecchio tempo per rendersene conto. E molti navigatori, esploratori, geografi e naturalisti hanno dissipato parte della propria vita dando loro la caccia, nel tentativo di raggiungerle, spesso regolandosi su di esse nel tracciare le rotte. E uomini d'affari, banchieri e società geografiche hanno stanziato somme cospicue per finanziare le loro imprese.

Come è potuto accadere tutto ciò? Potete trovare una spiegazione e una mappatura di quei prodigiosi luoghi, ricchi di una fauna e di una flora altrettanto sorprendenti, in L'atlante immaginario di Edward Brooke-Hitching (Mondadori, pagg. 256, euro 28), cartografo e antiquario di libri a Londra. È un volume di grosso formato che passa in rassegna «i più clamorosi fantasmi cartografici che abbiano mai infestato le mappe del passato», corredato da magnifiche tavole illustrate. Un atlante del mondo non come è realmente, ma come si è creduto fosse per secoli. Con città, fiumi, laghi, valli, continenti, specie animali, popoli tutti rigorosamente fittizi, ma alla cui esistenza si è creduto in quanto segnati sulle mappe.

Viene da domandarsi: come hanno potuto i cartografi prendere simili abbagli? Come sono nate certe credenze e perché sono state così largamente condivise, al punto da perdurare talvolta fino ai giorni nostri? Si è creduto, per esempio, all'esistenza nel golfo del Messico di una vasta isola denominata Bermeja. Fino al 2009, allorché una spedizione finanziata da un'università messicana dimostrò che non esisteva affatto. Eppure il suo mito resistette per cinque secoli. Altrettanto dicasi per Sandy Island, nel Mar dei Coralli orientale, avvistata per la prima volta da una baleniera nel 1876 e da allora regolarmente inserita nella cartografia ufficiale. Nemmeno con l'avvento di Google Maps fu possibile smentirne l'esistenza. Si dovette arrivare al 2012 per cancellarla definitivamente dalle mappe. Per non parlare delle leggende riguardanti la California, a lungo ritenuta un'isola abitata da sole donne, fiere e temibili al pari delle Amazzoni. O del fantomatico Regno del Prete Gianni, situato secondo le credenze nel cuore dell'Asia, di cui la cristianità andò a lungo in cerca ritenendolo un potenziale e formidabile alleato nella lotta contro l'islam.

Molte mappe medievali, tra cui la celebre la Mappa Mundi di Hereford (1290 circa), sono un concentrato di assurdità geografiche e naturalistiche. Terre inesistenti, pesci in grado di inghiottire navi, uomini dalla testa canina che alternano parole e latrati. Il più grande spettacolo per gli occhi è però costituito dalla Carta marina dello scandinavo Olao Magno, stampata nel 1539 su una serie di pannelli destinati a comporre la mappa della Scandinavia e zeppa di animali marini generati dalla fantasia più sfrenata: dal terribile verme di mare lungo diciotto metri e dalle proprietà ustionanti alla famelica sifia dal muso di gufo e la pinna dorsale tagliente come una lama; dal fisetere, sorta di balena capace di sollevare onde così gigantesche da rovesciare una nave ma così vulnerabile da poter essere messa in fuga con uno squillo di tromba, al più pacifico unicorno marino. Ma non c'è da stupirsi. In molti casi gli errori dei cartografi furono dovuti a errate indicazioni fornite dai viaggiatori in buona fede. Altre volte si trattò di truffe, ordite per sete di fama e ricchezza: come nel caso di George Psalmanazar, noto come «il nativo di Formosa»; o di Benjamin Morrell, passato alla storia quale «il più grande mentitore del Pacifico». In altri casi a ingannare i viaggiatori furono fenomeni ottici come miraggi e Fate Morgane, frequenti nelle regioni polari e all'origine di molti falsi avvistamenti. Senza contare che «nelle regioni vulcanicamente attive, l'improvvisa distruzione di isole è un fenomeno abbastanza frequente» avverte l'autore. Nelle Fiji, per esempio, l'isola abitata di Vuniivilevu pare essersi inabissata improvvisamente, e ancora oggi i pescatori della zona quando vi passano sopra trattengono il fiato.

Ma se credete che tutto questo riguardi solo il passato, osserva Brooke-Hitching, vi sbagliate. Chissà quanti altri fantasmi geografici sono segnati sulle nostre moderne mappe, ancora piene di isole che non esistono e che tuttavia se ne stanno lì in bella vista a godersi la loro pacifica non esistenza finché qualcuno non verrà a smascherarle. Immaginate di imboccare una strada segnata sulla cartina e di trovarvi di colpo davanti un precipizio. Riuscirete a frenare in tempo? A me è capitato. Mi trovavo in Sardegna, non sull'Hindu Kush. È il fascino del viaggiare. E non c'è modo migliore di viaggiare che farlo con la testa.

A patto di riportarla a casa intatta.

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