«Mou disse: vieni, la Champions è nostra»

In casa Nedved non esiste la prova costume.
«Dopo un anno senza calcio non ho preso nemmeno un chilo».
Mannaggia, ma come fa?
«Corro, una, due ore, ogni mattina, da solo o con qualche amico, per il resto la mia vita è tranquilla».
Un anno dopo il ritiro, un anno senza Pavel Nedved, quelli della Juventus soffrono di nostalgie.
«Il calcio resterà la mia passione fino all’ultimo giorno della mia vita. In questo anno mi sono dedicato finalmente alla famiglia, a mia moglie, ai miei figli».
D’accordo gli affetti, ma quanto le è mancato il football?
«Tanto e poco. Ho preferito a volte restare lontano dallo stadio, per non soffrire».
Intende dire dallo stadio della Juventus.
«Non è stata una bella stagione per i miei ex compagni, le offese, gli insulti, le aggressioni, ho respirato un’atmosfera brutta con un clima eccessivo di tensione».
Perché Torino si è incattivita?
«Perché i tifosi della Juventus non sentivano il comando della società, era assente la competenza e, dunque, la gente pensava che si potesse fare meglio con altre persone».
Non c’è rimedio?
«Sì, basterebbe far riempire gli stadi all’ottanta per cento con i bambini, per il resto con le famiglie, per loro si deve giocare, gli altri se ne stiano pure a casa. Il calcio è gioia».
Dicono che sia un problema italiano.
«Anche il mio Paese soffre gli stessi problemi ma mi sembra che qui chi sbaglia non paga. Eppure sarebbe così facile, applicare la legge e basta».
Con la tessera del tifoso?
«Non credo che sia necessario arrivare a tanto, basterebbe bonificare gli stadi come ho detto, famiglie e non bande di delinquenti».
A proposito di problemi, che cosa ha provato in questa stagione vedendo giocare la Juventus?
«Rabbia, amarezza, delusione, malinconia. La partenza era stata bella, poi non si sa bene che cosa sia successo».
Mancava Nedved. La società non è stata esemplare con lei.
«Non ne vorrei parlare. Nel calcio non esiste riconoscenza, non mi aspettavo di più ma mi dispiaceva vedere alla Juventus gente senza esperienza e competenza».
Sembra arrivato il momento di un suo rientro. Ha accompagnato Andrea Agnelli al Sestriere al ritiro degli azzurri.
«Mi piacerebbe dare una mano alla Juventus ma senza la necessità di una qualifica. Se il presidente avrà bisogno di confrontarsi con me avrà la mia piena disponibilità».
Potrebbe svolgere il ruolo di team manager.
«Bisogna vedere che cosa vogliono da me, sarebbe un onore rappresentare il club nei rapporti internazionali, la federcalcio ceca me lo ha chiesto. Quello che potrò dare lo darò ma ho anche due bambini da seguire, i miei».
C’è un altro Nedved in circolazione?
«Non basta essere bravi in campo. Credo che Chiellini abbia le caratteristiche del leader».
Sente suo, totalmente, lo scudetto del 2006 revocato da calciopoli?
«L’ho sudato, l’ho vinto sul campo. Ero e sono amareggiato per quello che è accaduto. Io so che mi sono comportato da professionista e sono arrabbiato con chi ha buttato fango sul mio e nostro lavoro, quel campionato lo abbiamo vinto meritatamente».
L’Inter non vuole restituire il titolo e Materazzi ha indossato una maglietta burla contro gli juventini, dopo la finale di Madrid.
«Sono problemi loro, dovranno pur farsi un esame di coscienza. Esistono intercettazioni chiare. Non commento la maglietta di Materazzi, ognuno sa e deve comportarsi come sente, credo di essere un po’ diverso da lui».
Però dicevano e dicono che lei fosse un provocatore, un furbo, uno fastidioso.
«Sì, è vero, davo molto fastidio, perché ero forte, avevano paura di me e parlavano».
A proposito di Inter la vogliamo dire la verità?
«Beh, avrei potuto essere anche io a Madrid con loro».
Cioè?
«Premesso che ho sentito un colpo al cuore, da juventino, per la loro vittoria, ho ripensato alle parole di Mourinho».
Quali?
«Mi aveva detto: vieni con noi, vinceremo la Champions. Aveva ragione. Rifiutai l’offerta, non ebbi un solo attimo di esitazione. Mourinho mi piace ma a volte il suo modo diretto di parlare non combacia con il mio, io lavoro in silenzio».
Mourinho o Capello?
«Scelta difficile, sono due vincenti».
Si stupirebbe se vedesse Capello sulla panchina dell’Inter?
«Sì ma credo che si possa anche fare nel nostro lavoro».
Pronostico mondiale?
«Tifo Slovacchia perché anche se ci hanno eliminati io sono nato in Cecoslovacchia. Tifo per l’Italia ma credo che “il generale” farà la sorpresa».
Il generale?
«Capello».
Il suo sogno
«Due: andare con la mia nazionale al mondiale in Brasile. Vincere con la Juventus la Champions. Anche se non più da calciatore».
E Pavel uomo che cosa sogna?
«Di vedere i miei figli, la mia famiglia felice.

Pavel, mio figlio, gioca a pallone e a pallacanestro. È un destro ma gli sto insegnando a calciare con il sinistro».
Tifa Juventus?
«Non lo so, la sua prima squadra è il Chelsea».
Sua moglie è finalmente contenta di vederla a casa?
«Bah, chiedetelo a lei».

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