Economia

«Municipalizzate, basta monopoli locali»

Paolo Giovanelli

da Milano

L’amministratore delegato dell’Enel, Fulvio Conti, è oggi a Bruxelles per presentare alla Commissione europea assieme alla tedesca Rwe e alla svedese Vattenfall il progetto «Zero emissioni» con l’obiettivo, ambizioso, di arrivare nei tempi più stretti possibili a produrre energia senza rilasciare emissioni nell’atmosfera. Settimana prossima sarà poi a Mosca per incontrare l’amministratore delegato di Rao-Ues per discutere il possibile acquisto di centrali per 8-9mila megawatt, come già annunciato settimana scorsa alla presentazione della semestrale. Conti incontrerà anche Alexej Miller, ad di Gazprom, da cui già oggi Enel acquista forniture di gas. Ma torniamo all’incontro di oggi e all’obiettivo di raggiungere le «emissioni zero».
Quanto tempo ci vorrà per arrivarci concretamente?
«Ci siamo dati l’obiettivo 2020, forse sarà possibile arrivarci prima, ma è una data da prendere con molta prudenza perché dipende dagli investimenti che verranno fatti in ricerca e dai risultati che si otterranno. Questo obiettivo fa parte di un progetto più globale di “social responsability” che impegna tutta l’Enel. Siamo un gruppo che è ben cosciente che la competitività non si gioca solo sui risultati economici ma anche sui rapporti con tutto quanto fa parte della vita della società: quindi sicurezza sul lavoro, ambiente, rapporti con i clienti e con le comunità in cui operiamo. Questo applicato in tutti i Paesi dove siamo presenti».
Questo però non vi evita di scontrarvi con le comunità locali, come a Civitavecchia.
«Mi chiedo cosa rischieremmo senza il nostro atteggiamento: è un tema che va visto con rigore scientifico, nel rispetto delle opinioni di tutti. Il gas non basta, ci vogliono alternative come il carbone pulito: è una questione di sicurezza di approvvigionamenti. E di questo anche il governo è consapevole».
E comunque state puntando anche sul rigassificatore di Porto Empedocle, in Sicilia.
«Si trova in una situazione logistica ideale, in posizione centrale nel Mediterraneo. Oggi per mancanza di impianti di rigassificazione siamo costretti a inviare in Francia il gas che importiamo dalla Nigeria, con costi supplementari non indifferenti».
E poi volete fare anche un secondo rigassificatore.
«È possibile la costruzione di un secondo impianto, stiamo studiando alternative, ma siamo ancora nella fase negoziale. Poi c’è in vista la costruzione del nuovo gasdotto dall’Algeria alla Sardegna in cui siamo soci. Dall’Algeria importiamo già sei miliardi di metri cubi l’anno, ne aggiungeremmo altri due con il nuovo gasdotto e poi ci sarebbero i 4 miliardi dalla Nigeria che oggi finiscono in Francia. Se facessimo i due rigassificatori e il nuovo gasdotto diventeremmo indipendenti sul fronte del gas».
Per importare il gas, però, bisogna averlo.
«Innanzi tutto abbiamo il contratto con la Nigeria, poi stiamo negoziando con Paesi del Nord Africa e nel Golfo Persico. Il gas liquefatto viene da molti Paesi: no, non resteremo senza forniture».
Nell’elettricità tutti i grandi gruppi occidentali si stanno espandendo a macchia di leopardo all’Est. Ovunque c’è una possibilità acquistano...
«No, non è un’espansione a macchia di leopardo. Certo, acquistiamo dove i Paesi che privatizzano stanno vendendo. Ma in Europa si stanno creando mercati omogenei: quello iberico, il Centro Nord (Francia, Germania, Benelux), il Centro-Est (Slovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Rep. Ceka). In tutte queste aree ci muoviamo con una logica di sistema che scavalca le frontiere dei singoli Paesi: l’importante è ottimizzare gli impianti e le politiche commerciali. Non investiamo per dominare nelle singole aree, ma per creare un gruppo più efficiente a livello internazionale. Vogliamo restare uno dei grandi gruppi protagonisti a livello europeo».
Presentando la semestrale lei ha detto: no alle fusioni, sì alle acquisizioni. E le alleanze? Si parla di contatti con Rwe...
«Non si possono escludere, ne abbiamo fatta una in Spagna con Union Fenosa per le rinnovabili. Se esistono temi specifici, come lo sviluppo del nucleare nei Paesi dell’Est, perché no? A volte è meglio un’intesa mirata in un mercato particolare, come appunto in Spagna. In altri casi è meglio stare da soli che mettersi in due a fare confusione».
Domanda inevitabile: Suez?
«Nell’Europa centro-occidentale c’è un mercato coeso dove l’Enel ha ancora una presenza modesta, anche se crescente con Edf e le acquisizioni nelle rinnovabili. Aspettiamo le decisioni Ue su Suez-Gdf, poi se ci saranno delle dismissioni saremo pronti a coglierle come tutti gli altri».
Ultima questione: il governo pensa a incentivi fiscali per la creazione del super-gruppo delle utility del Nord. Cosa ne dice?
«È un disegno per stimolare l’aggregazione delle municipalizzate sul modello Rwe. Il problema è che le municipalizzate sono dei monopoli di fatto: l’Enel è stata fatta dimagrire perché era un monopolio, le municipalizzate lo sono a livello locale.

E allora ci sia un’apertura effettiva del capitale verso investitori italiani e internazionali in modo da arrivare all’apertura del mercato elettrico il luglio prossimo con aziende competitive in un mercato senza monopoli, anche se locali».

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