MUSSINI Il purista ritrovato

La giovane greca Cimodoce assiste turbata al soccorso che il cacciatore Eudoro dà a uno schiavo in una scura foresta. È il soggetto di un grande dipinto, conservato nella Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti di Firenze e realizzato nel 1855 per il granduca Leopoldo II di Toscana dal pittore Luigi Mussini. Ispirato al testo Les Martyrs di François-René de Chateaubriand, è un’opera suggestiva, dal disegno fluido, i colori caldi e ombrosi, l’atmosfera evocativa. Esposto al Salon di Parigi nel 1857, aveva suscitato qualche critica da parte di Théophile Gautier. Ma le parole più dure erano arrivate nel 1861, durante l’Esposizione nazionale di Firenze, dal critico Pietro Selvatico, che deplorava l’influenza del francese Ingres, le «smancerie della Senna», i «colori turchinicci alla francese», le luci sparpagliate qua e là. Altri, all’opposto, bollavano il dipinto come tardivamente accademico.
In realtà, la tela rappresentava una svolta nella pittura di Mussini, dal purismo religioso nazareno iniziale a un purismo meno rigido, in cui l’assimilazione dei pittori del Quattrocento appariva superata a favore di una tessitura cromatica complessa, vicina a pittori francesi influenzati da Jean Auguste Dominique Ingres, come Théodore Chassériau e Hippolyte Flandrin. Era insomma già quasi romantica, troppo per i puristi e troppo poco per i romantici, in un’epoca in cui la critica era minuziosa e agguerrita.
L’intrigante dipinto sarà esposto dal 6 ottobre in una grande mostra a Siena, che per la prima volta ripercorre l’attività di Luigi Mussini, un raffinato maestro, nato a Berlino nel 1813 e morto a Siena nel 1888, una vera e propria rivelazione. E ha il merito di ridisegnare, con centoventi tra dipinti e disegni, tutte le presenze, gli incroci, gli scambi dei protagonisti di quell’Ottocento in cui si ripropone la pittura del Quattro e Cinquecento adottata dai «nazareni» attivi a Roma, con aperture alle moderne tendenze europee, soprattutto francesi.
E Mussini di quell’epoca è il riflesso, come dimostra la sua intensa attività. Sette sezioni la ripercorrono attraverso le sue magnifiche tele, note e non, alcune inedite (Le Sante Edvige e Isabella, ad esempio) e quelle di artisti italiani e stranieri, che lo hanno affiancato, dal grande scultore Lorenzo Bartolini a Ingres, dal «nazareno» Johann Friedrich Overbeck ai francesi William Bouguereau e Chasseriau, sino ai pittori e allievi senesi «osservanti e reticenti», agli sviluppi complessi della scuola senese.
Figlio di un maestro di cappella alla corte di Prussia, Mussini, formato all’Accademia di Firenze, negli anni Quaranta aderisce al purismo toscano di origine nazarena, con dipinti di grande bellezza come La Musica sacra del 1841 o L’elemosina secondo la carità evangelica e secondo la moderna ostentazione del 1844, in linea con i canoni del movimento, che sosteneva un ritorno alla purezza morale e stilistica dei maestri antichi, da Cimabue al primo Raffaello.
La Musica sacra, con quel magnifico e sintetico angelo peruginesco, che regge un rotolo di musica, era stata eseguita a Roma, dove il pittore era giunto nel 1840, dopo aver vinto una borsa di studio di tre anni. A Roma Mussini frequenta lo studio di Ingres a Villa Medici, viene in contatto con scultori come Lorenzo Bartolini, pittori come Franz Adolf Stürler, Tommaso Minardi ed altri, tutti rappresentati in mostra. Insieme a Stürler, di cui è esposta la significativa Madonna di Cimabue portata in processione, Mussini crea a Firenze nel 1844 una scuola che sostiene la poetica purista contro il romanticismo storico, troppo laico e politicizzato, e gli eccessi del naturalismo del suo vecchio maestro Bezzuoli. Il trionfo della verità, una tela del 1848, rappresenta bene questo momento, di rigore morale e stilistico, anche se più che al Quattrocento, si ispira al Cinquecento di Andrea del Sarto.
La grande svolta arriva però nel 1849 a Parigi, dove il pittore giunge dopo aver partecipato ai moti del 1848, ed esserne rimasto deluso. Vi arriva carico di stima e amicizia da parte dell’intellettualità nostrana. Incontra Ingres e i pittori della sua cerchia, che lo influenzano sino a provocarne il distacco dal primitivo purismo nazareno a favore di una pittura più morbida, meno accademica, che assimila sistemi e metodi dei pittori rinascimentali più che lo stile. Lo dimostrano i dipinti realizzati dopo il rientro in Toscana a metà Ottocento, come i Parentali di Platone celebrati da Lorenzo il Magnifico del 1852 o come il già citato Eudoro e Cimodoce o ancora la pala con le Sante Edvige e Isabella, recuperata dall’alluvione del 1966. Per Mussini comincia un altro pezzo di vita, con la nomina a direttore dell’Istituto d’arte di Siena. Una svolta fondamentale per la pittura senese, che la mostra illustra con ricchezza.
mtazartes@tele2.it
LA MOSTRA
«Nel segno di Ingres.

Luigi Mussini e l’Accademia in Europa nell’Ottocento», Siena, Complesso museale di Santa Maria della Scala (6 ottobre-6 gennaio), a cura di Carlo Sisi ed Ettore Spalletti, catalogo Silvana Editoriale. Orario: tutti i giorni 10.30-19.30. Info: 199.199.111.

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