«Nel mio Paese gli omicidi di Stato sono una pratica quotidiana»

A Washington sono le otto di mattina, ma il 72enne professor Harry Wu è già alla scrivania della sua fondazione. L’uomo simbolo del dissenso cinese, l’ex prigioniero politico sopravvissuto a 19 anni di lavori forzati, l’alfiere di tutte le battaglie per la denuncia dei «laogai», i gulag cinesi, va di fretta. Tra un’ora parlerà al Congresso, ricorderà a deputati e senatori ancora distratti - nonostante il rapporto del dipartimento di Stato - gli orrori del comunismo cinese. «Non importa, possono aspettare – mi rassicura la sua voce - per il Giornale ho sempre tempo: siete tra i pochi a ricordarvi di quello che accade in Cina e a parlare degli abusi nei campi di lavoro».
Be’, ne parla anche il Dipartimento di Stato è soddisfatto?
«Speriamo... fino a ieri qui l’unica cosa importante era la crisi economica. Per salvarsi sembravano pronti ad archiviare un punto cardine della propria politica e piegarsi ai voleri di Pechino sui diritti umani. È uno strano mondo... se qualcuno viola i diritti umani in Italia, Francia o Germania tutti insorgono. In Cina, un paese governato da un partito unico, le torture, i rapimenti e le eliminazioni di stato sono pratiche quotidiane, ma nessuno ne dovrebbe parlare».
Quali sono le violazioni che nessuno deve ignorare?
«Innanzitutto la politica del figlio unico. In Cina una donna e suo marito per metter al mondo un figlio devono ottenere il permesso dello Stato. Se non ottengono quel permesso o tentano di aver altri bambini la loro vita diventa un inferno. La donna rischia un aborto forzato e un intervento di sterilizzazione, in altri casi i genitori si vedono confiscare tutti beni e si ritrovano internati nei campi di lavoro».
Per Pechino è controllo demografico...
«Non esiste governo al mondo che decida quanti figli può avere una famiglia, ma questo è solo uno dei tanti orrori. In Cina i cattolici che vogliono obbedire alle gerarchie della chiesa di Roma anzichè ai vescovi ordinati dai comunisti di Pechino finiscono in galera. La mancanza di libertà religiosa fa parte di quella più ampia violazione dei diritti umani chiamata divieto d’espressione. In Cina ogni giorno 200/300mila utilizzatori di internet vengono intercettati dalla polizia di Stato, i giornali le televisioni e il resto dei media sono sotto il totale controllo del regime. Grazie a questo totale controllo dell’informazione i più tremendi abusi passano sotto silenzio».
Il rapporto parla d’assassini di Stato, ne sa qualcosa?
«In Cina il numero delle condanne a morte è un segreto di Stato, quindi chiunque può ritrovarsi davanti ad un plotone d’esecuzione, anche senza processo. Chi, del resto, conosce il numero dei dissidenti rapiti o scomparsi? Oggi abbiamo saputo che l’avvocato Gao Zhisheng è stato rapito e probabilmente incarcerato, ma il suo è un nome famoso... Chissà quanti altri scompaiono e nessuno ne sa niente. Altrettanto segreto è il fiorente commercio d’organi sottratti ai condannati. Oggi la Cina è al secondo posto dopo gli Usa nelle classifiche dei trapianti d’organi, ma in America vengano donati, lì vengono rubati dai cadaveri ancora caldi dei condannati a morte».
Poi ci sono i campi di lavoro.
«In Cina nel 2006 secondo le nostre ricerche funzionavano 1.046 campi di lavoro. Nessuno sa con esattezza quanti siano i reclusi... Vi finisce dentro chiunque non sia d’accordo con il regime o tenti di contestarlo. La pratica del “laogai” - ovvero della rieducazione attraverso il lavoro - è stata sperimentata sulla propria pelle da decine di milioni di cinesi. Ma i laogai sono anche parte integrante del sistema economico. Molti prodotti a basso costo esportati in occidente - come le luminarie di natale - sono il frutto del lavoro di quei milioni di dissidenti ridotti in schiavitù. Nel vostro paese la Laogai Foundation Italia (www.laogai.it, ndr) ha fatto votare al Parlamento tre risoluzioni di condanna dei Loagai, ma purtroppo la piaga è tutt’altro che risolta. Anche in America i divieti di legge - come conferma il recente rapporto di una commissione del Congresso Usa - non riescono a bloccare l’importazione di prodotti provenienti dai “laogai”».
La Cina accusa gli Usa d’interferenza negli affari interni...
«Affari interni? Non uccidono pratiche d’archivio, ma esseri umani. Questo è il loro modo di pensare: sono comunisti e considerano la vita umana alla stregua di un faldone da buttare».


Cosa va a dire ai rappresentanti del Congresso?
«Vado a dirgli di continuare a battersi per i diritti umani e a ricordargli l’esistenza dei campi di lavoro forzato. Gli spiegherò che l’unico modo per cambiare la politica della Cina comunista è cambiare il regime al potere».

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