«Non esistono solo il greggio e la benzina: a determinare il prezzo dei carburanti è soprattutto il Platts, cioè il prezzo industriale internazionale dei prodotti raffinati, che può salire o scendere indipendentemente da quello del barile. Se non si tiene conto di questo, si rischia di commettere errori». A spiegarlo è Ugo Brachetti Peretti, presidente di Api, un marchio storico, con Ip, nei distributori italiani.
Ieri sono aumentati ancora i prezzi alla pompa, e anche voi avete operato un ritocco: un centesimo per la verde, 1,7 per il gasolio. Da che cosa dipendono questi ricarichi?
«In questo momento assistiamo alla crescita di entrambi i prezzi di riferimento, sia quello del greggio che quello dei prodotti lavorati: questultimo, il cosiddetto Platts, è quello che si riflette automaticamente sul prezzo al distributore. Noi, però, non abbiamo ribaltato tutti questi aumenti sul consumatore finale. Quindi bisogna evitare di commettere errori quando si parla di doppio prezzo, e anche di attribuire alle compagnie petrolifere responsabilità che non hanno».
Tuttavia, anche il presidente dellAntitrust ha espresso le sue perplessità sulla questione, pur ammettendo che non ci sono prove di un cartello dei petrolieri.
«Perché non cè: la concorrenza nel nostro settore esiste, basta guardare i listini dei distributori, dove troviamo il prezzo reale, che aggiunge lo sconto alla cifra comunicata al ministero. E questo rientra nel normale andamento del mercato, peraltro continuamente monitorato. Piuttosto, vorrei ricordare una distinzione tra le compagnie petrolifere che spesso viene trascurata: quella, cioè, tra chi si occupa anche di estrazione, come tutte le compagnie straniere e in Italia, Eni, quindi Agip, e chi invece, come noi ed Erg, ha solamente il settore della raffinazione e distribuzione».
E questo che cosa comporta?
«Chi è nella nostra posizione è più soggetto alle variazioni di mercato: e in questo periodo, almeno fino a poco tempo fa, il prezzo dei prodotti derivati è sempre stato più basso di quello del greggio, lasciando pochi margini alla raffinazione. Su questo, tutte le compagnie hanno avuto bilanci negativi, compensati però dai guadagni delle estrazioni petrolifere: ma questo vale solo per chi le fa».
Ma come è possibile che i prezzi del greggio salgano e quelli dei derivati no, e viceversa?
«Il prezzo del petrolio, inteso come Brent e Wto, è determinato sostanzialmente da tre componenti. Il primo è la normale dinamica domanda-offerta, seguono i fattori geopolitici - basta guardare che cosa sta avvenendo adesso in Iran - e infine la speculazione legata ai future; per ogni barile di greggio consegnato, in pratica, ce ne sono venti scambiati su carta. Limportanza di questultimo fattore è dimostrata dal fatto che dopo la crisi del 2008, che ha drasticamente ridimensionato le speculazioni, il prezzo del greggio si è dimezzato. Sul valore dei prodotti, invece, incide una dinamica domanda-offerta legata anche ad altri fattori, primo fra tutti quello climatico, che influisce sulle scorte. Così, se il prezzo dei prodotti resta alto, anche se quello del greggio scende, la benzina non cala e viceversa».
E che cosa mi dice dei costi legati alla distribuzione, su cui i consumatori puntano il dito da tempo?
«Anche noi, come Unione petrolifera, riteniamo che si debba razionalizzare la rete distributiva e stiamo studiando una riforma da proporre al governo. In Italia ci sono attualmente circa 23mila distributori e noi pensiamo che se ne potrebbero chiudere sei o settemila. Non dimentichiamo, però, che lItalia è anche orograficamente complicata e non si possono imporre agli automobilisti tragitti troppo lunghi e di conseguenza costosi per rifornirsi».
Ci sarebbero anche le pompe bianche, cioè i distributori non legati a un marchio: il governo ci sta lavorando, allAntitrust piacciono. E a lei?
«Io vorrei solo dire che noi marchi garantiamo il prodotto e anche una serie di servizi, loro guardano solo il prezzo.
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