La nostra vita (difficile) da stakanov della memoria

In Italia sono una trentina. Ecco i loro racconti

La nostra vita (difficile) da stakanov della memoria

Noi non riusciamo a ricordare cosa abbiamo mangiato ieri. Loro sono in grado di ricostruire alla perfezione cosa hanno fatto il 16 aprile di cinque anni fa. Sanno, senza il minimo sforzo, cosa indossavano, dove sono andati, che giorno della settimana era. Sono gli ipermemori, persone dotate di una super memoria. Per capirsi, tutti noi sappiamo ricostruire quasi alla perfezione il momento in cui abbiamo saputo del crollo delle Torri Gemelle e chi ci ha detto di correre ad accendere la tv. Ebbene, loro vivono ogni giorno del loro passato come noi riviviamo quell'11 settembre, con la stessa lucidità. E non sempre è un bene. Innanzitutto perché i ricordi non sono sempre positivi e poi perché, in ogni caso, sono troppi e diventano informazioni molto difficili da gestire emotivamente. Per calarsi nei loro panni, basta immaginare cosa vorrebbe dire per noi ricordare come fosse ieri ogni scossa morale del passato, dalla sgridata della maestra alle elementari alla litigata con il fidanzatino a 16 anni, dalla morte di una persona amata alla delusione per un 4 in matematica.

Gli italiani con la memoria degna di Pico della Mirandola sono una trentina. Ingegneri, magistrati, medici, persone per cui nulla finisce nel dimenticatoio, nemmeno il risultato della partita Milan-Juve di 15 anni fa (ammesso che siano appassionati di calcio). A certificare la loro «dote» è stato uno studio condotto dalla fondazione Santa Lucia Irccs di Roma e pubblicato sulla rivista Pnas. Quando i ricercatori hanno annunciato di voler approfondire il tema dell'ipermemoria, decine di persone si sono candidate dicendo di essere fuori dal comune. Ma solo in otto hanno superato i test, dimostrando di avere autenticamente il «super potere». In seguito sono stati scovati altri 22 novelli Pico della Mirandola.

L'INCUBO QUOTIDIANO

Chi non vorrebbe una memoria infinita? Suona tanto come una scorciatoia per studiare più facilmente e immagazzinare più informazioni. In realtà è un'arma a doppio taglio. Gli ipermemori convivono con un loro bagaglio mentale (ed emotivo) decisamente più pesante rispetto al nostro.

Veronica Carletti, medico di famiglia e psicoterapeuta, originaria di San Leo, in provincia di Rimini, ha 37 anni ma dice di sentirsene 70: con tutti i ricordi che le permangono nella mente è come se avesse vissuto già tre vite. «Convivo serenamente con questa mia caratteristica solo da quando ho imparato a lasciar perdere. Non rinfaccio più cose accadute nel 2005 e in un certo senso dimentico per scelta. Questa per me è stata una liberazione - racconta -. In passato ho sofferto di ansia per la mia memoria. Ad esempio, all'inizio dell'università, alla facoltà di Medicina, sono andata in confusione. Avevo appena cambiato città, immagazzinavo una quantità enorme di nozioni nuove. Avevo un caos incredibile nella testa. Poi ho imparato a governare il sovraccarico di informazioni, ad aprire i cassetti del passato solo quando decidevo io di farlo. Da quel momento sto bene».

Ovviamente nella quotidianità di Veronica non mancano i siparietti. «Mio marito mi chiede di ricordargli che turno aveva fatto al lavoro lo scorso 22 marzo. A me basta ripensare a qualcosa accaduto quella giornata, ad esempio se ero andata io a prendere le bambine a scuola, per dirgli se aveva lavorato la mattina o il pomeriggio». E se si parla di un viaggio del 1994, lei ricorda non solo luoghi e nomi di alberghi e ristoranti ma anche cosa avevano ordinato per cena suo padre e sua madre».

COME GOOGLE

A Marco Pietrantuono, ingegnere di Tivoli, 40 anni, capita spesso di venir utilizzato dagli amici come una sorta di Google vivente. «Oppure, quando facciamo qualche cena tra vecchi compagni del liceo, mi chiedono di ricordare gli aneddoti di scuola. Momenti che per loro sono offuscati o inconsciamente modificati nella memoria, per me sono ancora ricchi di dettagli». Marco, che mai ha dimenticato un anniversario o un appuntamento, ammette in realtà di aver scordato gli occhiali in treno o le chiavi dentro casa, come tutti. Nelle liti cerca di non esagerare, anche se potrebbe scrivere un trattato di «ma avevi detto», «ma avevi fatto». A differenza di quello che potrebbe sembrare, Marco nello studio non ha mai tratto un particolare beneficio dalla sua qualità: «Non ricordo sequenze di numeri, né memorizzo le pagine dei libri più facilmente degli altri. I miei sono ricordi autobiografici». E infatti se gli chiedi del suo primo goal da bambino, non esita: «Era aprile, ero in terza elementare ed ero l'unico a non aver ancora segnato. Lo feci di sinistro». Marco spiega come abbia imparato a interpretare i ricordi sotto una luce nuova a seconda dell'età e dello stato emotivo. «È come guardare lo stesso film per dieci volte - spiega - In ogni scena scopriamo dettagli che ci erano sfuggiti o diamo interpretazioni diverse. Lo stesso episodio che da bambino rivivevo come un'umiliazione, ora lo capisco più a fondo».

Il Dna della squadra degli ipermemori è stato prelevato e analizzato alla ricerca di una spiegazione del fenomeno. E sta anche per essere avviato uno studio comparativo con la mappa genetica di colui che viene citato ancora oggi come esempio numero uno di super memoria: Pico della Mirandola, il filosofo morto a Firenze alla fine del 1400.

IL DNA DI PICO

La salma è stata riesumata una decina di anni fa e studiata al dipartimento di antropologia di Ravenna, dove i ricercatori hanno analizzato i suoi tessuti e ricostruito la catena del Dna. Nei prossimi mesi si cercherà di capire se c'è un denominatore comune tra la sua mappa genetica e quella dei suoi «eredi». Al momento è appena stato costituito il comitato etico ma lo studio comincerà al più presto, cercando una risposta genetica (e tutta italiana) alle domande sulle origini dell'ipermemoria.

Per la prima volta al mondo gli italiani ipertimesici sono stati sottoposti a risonanza magnetica. La ricerca, in cui sono state coinvolte anche l'università di Perugia e l'università della California-Irvine, apre le porte alle cure per ripristinare i sistemi di memoria in condizioni patologiche. E potrebbe aprire la via per una cura contro l'Alzheimer e le demenze che cancellano il passato. Al momento i ricercatori Valerio Santangelo, psicologo dell'università di Perugia e della Fondazione Santa Lucia, e Patrizia Campolongo, farmacologa alla Sapienza di Roma, hanno verificato che gli ipertimesici hanno una capacità sviluppata di accedere ai ricordi tramite il circuito prefrontale-ippocampale.

Connessioni che avvengono in modo diverso dal normale e che quindi gestiscono «l'hard disk» del cervello con una velocità fuori dal comune. Accanto gli italiani, in California i ricercatori hanno arruolato un'altra squadra di 25 ipermemori. Più altro è il numero delle «cavie», più interessanti saranno i risultati sul funzionamento della super memoria.

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