Ok alla riforma dei contratti I sindacati trovano l’accordo

Ok alla riforma dei contratti I sindacati trovano l’accordo

da Roma

Le segreterie di Cgil, Cisl e Uil hanno siglato ieri il documento unico sulle linee di riforma della contrattazione. Si tratta di un passaggio storico per il sindacato che è riuscito a raggiungere una posizione unitaria su una materia spesso causa di divisioni.
Il testo di sei pagine si propone l’obiettivo di definire «un modello contrattuale per tutti i settori pubblici e privati». Tale finalità sarà perseguita attraverso due interventi. Il primo, quello «generale», che deve garantire un welfare efficiente in grado di contrastare l’inflazione e un sistema fiscale che preveda una «forte riduzione» delle imposte sulle retribuzioni dei lavoratori. Il secondo intervento, invece, si basa sulla contrattazione su due livelli.
Il contratto nazionale dovrà sostenere il potere d’acquisto e fissare le normative generali prevedendo meccanismi certi di recupero di eventuali differenziali inflazionistici. I sindacati, però, hanno aperto alla durata triennale dei contratti unificando parte economica e normativa, ma con regole certe per i rinnovi introducendo penalità per il mancato rispetto delle scadenze. Altra importante disponibilità è quella degli «accorpamenti» di oltre 400 contratti vigenti «per aree omogenee».
Il secondo livello di contrattazione, invece, dovrà essere rafforzato su base aziendale o territoriale (ma su quest’ultimo punto ci si dovrà confrontare con il “no” di Confindustria; ndr) fissando obiettivi rispetto a parametri di redditività ed efficienza. Per il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, è un documento di «portata molto grande che porta a un sistema in grado di aiutare i salari dei lavoratori». Stesso messaggio lanciato da Raffaele Bonanni della Cisl: «Ai lavoratori voglio dire che avremo salari più pesanti». Secondo il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi «è un passo avanti».
«Meglio tardi che mai», ha commentato il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, che ieri ha tracciato un bilancio del suo mandato quadriennale. Ricordando proprio come nel 2004 i disaccordi tra Epifani e Pezzotta impedirono di avviare il dialogo sulla riforma dei contratti, accantonata per perseguire la «pace sociale» in un periodo difficile.
Quella che Montezemolo si appresta a lasciare nelle mani di Emma Marcegaglia è una Confindustria in salute e più «unita», con oltre 10mila associati in più. Quattro anni «difficilissimi» a Viale dell’Astronomia nei quali il numero uno uscente ha rivendicato successi come il rafforzamento delle relazioni con le altre associazioni di categoria (a partire dall’Abi passando per Confcommercio e Confagricoltura), all’Ipo del Sole 24 ore e la crescita dell’università Luiss. A Marcegaglia il compito di proseguire l’opera confrontandosi con il nuovo governo vista la sintonia con la nuova maggioranza su temi come la detassazione degli straordinari.


«Voglio bene al mio Paese», ha concluso Montezemolo preannunciando che il suo impegno si concentrerà sulla presidenza operativa di Ferrari, su Fiat e sul Fondo Charme. La costituzione di un think tank si aggiungerà al ruolo di consulente super partes del governo per il «made in Italy».

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