Pablito, goleador 25 anni dopo: «Sono l’uomo dei 10 minuti finali»

L’eroe di Madrid ’82 è presidente della Nazionale Master: «Alcuni di noi, tipo Vierchowod e Mannini, tengono alla grande. Altri, come Nicolino Berti...»

Non saranno più i tempi d’oro del Mundial ’82, ma se ti chiami Paolo Rossi il vizietto del gol lo conservi anche a cinquant’anni. L’ultimo campionato da professionista Pablito lo ha disputato a Verona, stagione ’87-’88. Venti partite e quattro gol prima di appendere le scarpette al chiodo. La nostalgia del rettangolo verde, però, fu da subito troppo forte. Così Rossi e alcuni suoi ex colleghi cominciarono a prendere parte al Mundialito over 33, competizione riservata alle vecchie glorie del calcio internazionale. «Giocavamo sempre in Brasile. Era un torneo organizzato dalla tv Globo, ma da qualche anno non c’è più. Peccato». L’ex centravanti di Prato ha pensato allora di organizzarsi in proprio, fondando il Club Italia, una vera e propria nazionale master di calcio, di cui è presidente e giocatore. «Scendiamo in campo per beneficenza, in occasione di ricorrenze particolari e in Paesi in cui il calcio è ancora poco diffuso». Nella rosa tanti ex di alto livello: Fulvio Collovati, Pietro Vierchowod, Ruggiero Rizzitelli, Pierino Fanna, solo per citarne alcuni. Qualcuno, a dispetto dell’età, ha poco da invidiare a chi calca i campi dell’attuale serie A. «Dovreste vedere Vierchowod e Moreno Mannini. Sono rimasti uguali a quando vinsero lo scudetto con la Sampdoria 17 anni fa: due schegge». Naturalmente c’è chi invece ha perso lo smalto dei bei tempi, anche se la classe resta sempre cristallina. «Non che io possa parlare, visto che sono diventato l’uomo degli ultimi dieci minuti, ma qualcuno ha una condizione fisica davvero inguardabile. Un esempio? Diciamo che per Nicolino Berti le galoppate travolgenti da una parte all’altra del campo restano un ricordo del passato. Adesso si concede un paio di scatti negli scampoli finali di gara, quando tutti gli altri sono cotti». D’altronde la condizione fisica cala inevitabilmente con il passare degli anni. «Per fortuna calano anche i ritmi, però. Nei primi anni dopo l’addio al calcio me la cavavo benone. Ora, però, fatico sempre di più». Diventa così indispensabile la preparazione. «Ci alleniamo parecchio, soprattutto per evitare infortuni e inconvenienti».
Il Club Italia gira lo stivale a scopo benefico e ogni tanto si fa qualche viaggetto all’estero. «Siamo stati nello Yemen, in Etiopia, in Australia. Abbiamo affrontato nazionali vere e ne siamo sempre usciti bene. Si gioca per divertimento, ma nessuno vuole perdere e poi il clima partita ti rimane nel sangue anche dopo che smetti». Più affascinanti le sfide dal sapore retrò contro gli ex delle altre nazionali. «Il 27 luglio abbiamo giocato contro la Germania ’82 a Stoccarda il remake della finale mondiale in Spagna.

Ha organizzato tutto Hansi Muller per il suo 50° compleanno e c’erano più di 40mila spettatori». Per la cronaca è finita 4-4 e Pablito non ha segnato. Meglio così, un motivo in più per ricordarci di quella finale vinta 3-1 che resterà unica. Irripetibile, appunto.

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