Durante i picchi della crisi migratoria nel 2016, alcuni paesi europei dell'area Schengen hanno chiuso le frontiere. Passata l'emergenza le hanno riaperte. Anche quando il picco della pandemia da coronavirus sarà passato, la circolazione sarà più libera. Parag Khanna ne è convinto. Raggiunto telefonicamente a Singapore, il politologo indiano naturalizzato statunitense spiega che «in futuro le barriere dovranno sparire a causa della carenza di manodopera nell'Ue». Una regione che non attira migranti solo dall'esterno. Khanna pensa al flusso di lavoratori che dal 2008 si sposta dal sud verso il nord dell'Europa, con greci, italiani e spagnoli che si stabiliscono in Francia e Germania. Una corrente umana a cui se ne oppone una finanziaria in senso inverso, con il nord che investe in capitali, terreni, aziende nei paesi del sud. Flussi che il coronavirus non riuscirà a fermare. Perché l'Europa è di fatto una regione a più velocità, «con paesi che chiedono e altri che offrono forza lavoro».
Prolifico saggista e conferenziere, Khanna ha scritto, fra l'altro, Il secolo asiatico? e Connectography. Le mappe del futuro ordine mondiale (Fazi Editore). Viene naturale chiedergli se l'esplosione a Occidente del virus di Wuhan finirà per peggiorare i rapporti fra la Cina e l'Ue. La risposta è semplice: «Sì». La gestione dell'emergenza Covid-19 da parte dei cinesi mostra che «Pechino si muove in maniera opaca ed egoista: per cui nel rapporto con la Cina è richiesta una buona dose di cautela». Eppure la rivalità fra il dragone e gli europei parte da più lontano, a cominciare dalle relazioni commerciali ma anche nella gara per i progetti infrastrutturali, «con l'Ue che si è fatta finalmente più aggressiva in regioni come l'est Europa e l'Asia centrale». Il politologo formatosi alla London School of Economics ricorda come oltre un anno fa l'Ue abbia dichiarato la Cina «un rivale strategico», nei rapporti col quale Bruxelles deve insistere su due concetti: «mutualità e reciprocità». Quindi se è vero che quando parliamo di lotta al coronavirus siamo tutti sulla stessa barca, la governance globale non potrà essere né solo americana, cinese o europea ma «dovrà essere il frutto di un compromesso fra i tre blocchi per alzare gli standard della governance stessa».
Tornando al Covid-19, la crisi è chiaramente più grave di quelle scatenate nel passato recente dalla Sars, la Mers, l'influenza suina o aviaria. Allo stesso tempo, «se manterremo i decessi fra 100 e 500mila a livello globale, si tratterà di un evento infinitamente meno grave della pandemia di spagnola del 1919». Oggi, osserva Khanna, siamo molto più veloci di allora nel coordinare la chiusura di intere regioni per bloccare i contagi e, si spera, anche nel farle ripartire una volta passata l'emergenza. La crisi dunque è meno grave di quella del secolo scorso ma non priva di effetti significativi e di durata sull'economia mondiale. Il cui recupero, o meglio la riorganizzazione, sarà un processo lento. Khanna valuta per esempio il ritorno del movimento di persone fra i cinque continenti a livelli pre-virus. «Ci vorrà molto tempo, non fosse altro perché in tanti avranno meno soldi da spendere». Il problema non è solo delle compagnie aree: esistono interi paesi per i quali il turismo rappresenta una voce importante del Pil, come l'Italia. Secondo il politologo, il Belpaese si deve dare adesso un obiettivo strategico: abbassare i prezzi del settore, diventare più appetibile e convincere i turisti a fermarsi più a lungo. In un futuro non troppo lontano, partirà insomma una gara fra gli europei a chi riesce ad attirare il maggior numero di migranti e di turisti. La politica potrà anche virare al sovranismo, ma alla fine prevarrà il bisogno, dettato dalla bilancia demografica, di integrare molti stranieri.
Khanna non crede invece al permanere delle misure distanziamento sociale, che resteranno in piedi «solo finché il virus sarà stato debellato», anche se è facile prevedere il diffondersi generalizzato dell'uso delle mascherine nei luoghi pubblici, pratica peraltro già diffusa nell'oriente estremo. L'importante è però capire che il mondo di domani non sarà più quello che abbiamo conosciuto. Una volta per esempio la forza di un paese veniva misurata in testate atomiche e potenza delle forze armate, ma è evidente che altri fattori che vengono già presi in considerazione come la qualità del capitale umano, la presenza di buone infrastrutture, i surplus di bilancio, l'ammontare delle riserve monetarie sono destinati a crescere di importanza. «Perché riflettono la solidità interna di un paese, diventando uno specchietto interessante per investitori e migranti qualificati».
Il virus, insomma, sta rimescolando le carte: basti pensare ai sistemi sanitari. Chi come l'Italia o la Spagna ha scommesso tutto sull'efficienza in nome della quale si sono operati numerosi tagli si è visto superato dalla Germania che si è scoperta improvvisamente ricca di letti per la terapia intensiva. L'Europa, conclude Khanna, deve approfittare degli strumenti finanziari di cui si è dotata per superare la crisi: «500 miliardi per le famiglie e le imprese non sono pochi e io credo che servirebbe una struttura per mettere il debito in comune».
Allo stesso tempo, i paesi che non lo hanno ancora fatto con la crisi del 2008 devono mettere i propri sistemi fiscali sotto controllo. «L'Italia è un paese ricco di asset e deve metterli a frutto per sviluppare un nuovo modello economico e sociale».
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