Parlando del corpo di Mister B gli oratori diventano attori

Un libro, un microfono e tre seggiole. E sopra ogni seggiola un rappresentante della cultura e dell'informazione trasformato in attore (di se stesso). All'opposto un pubblico attento ma silenzioso e impenetrabile. Immobile nonostante il soggetto della trama capace in questi giorni di mandare in escandescenza dibattiti televisivi e talk show. Mister B, ovvero il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, protagonista dell'ultimo libro di Marco Belpoliti, «Il corpo del capo». Un saggio che analizza il modo in cui Berlusconi ha usato il proprio corpo, dalla discesa in campo a oggi. Un successo editoriale giunto in una settimana alla seconda pubblicazione che ha dato il via alla prima serata organizzata lunedì dall'Archivolto presso il cortile di Palazzo Tursi. Il primo di cinque incontri con «le migliori firme del giornalismo e della letteratura italiana per esplorare le dinamiche politiche, sociali e psicologiche del mondo che ci circonda», assicura Giorgio Gallione, direttore artistico del teatro. E come a teatro, lunedì il ruolo del protagonista è toccato allo stesso Belpoliti che ha fin da subito disinnescato la polemica sulla discussa censura del suo libro da parte dell'Einaudi di proprietà di Berlusconi. «Mi è stato detto dal direttore editoriale Ernesto Franco (ospite ieri al secondo incontro di Tursi, ndr) che prima di firmare il contratto voleva leggere il libro. A quel punto mi sono rivolto all'editore Guanda che era entusiasta dell'iniziativa», stempera Belpoliti che però ammicca: «Sicuramente c'è il problema di una casa editrice di sinistra, anzi dalle origini staliniste, che appartiene al presidente del consiglio».
Claudio Bertocchi, docente di Matematica all'Università di Genova e scrittore di testi e racconti sulla laicità della ricerca, si allunga sul microfono. Dà corpo e significato a un saggio che affonda le origini nella «distinzione e commistione tra corpo fisico e corpo mistico» degli antichi sovrani. Dalla sacralità del corpo di Berlusconi alle più recenti dittature il passo è breve, quasi scontato visto che «dopo l'età moderna, nei totalitarismi di Hitler e Mussolini si è cercato di nuovo di far coincidere i due corpi». È qui che entra prepotentemente in scena il terzo protagonista della serata, il direttore del Giornale Massimiliano Lussana: «Comunque preferisco la sacralità di Berlusconi in Abruzzo dell'assenza di una certa sinistra come quando, il Venerdì Santo del 1997, ci fu il disastro del canale di Otranto» (una corvetta italiana affondò una nave albanese piena di profughi durante il primo governo Prodi, ndr). «Berlusconi non è Mussolini, è chiaro», corregge Belpoliti che però: «le foto di Berlusconi, a partire da Una storia italiana inviata nel 2001 a tutti gli italiani, hanno creato una contraddizione tra realtà e immaginario, tra la vita vera e il fotoromanzo. Un trionfo delle immagini funzionali alla gestione del potere». «Io non sono aprioristicamente Berlusconiano, ma non è che il presidente viene sopravvalutato?», agisce sul dubbio Lussana, forte del fatto che «se così fosse, Berlusconi non avrebbe perso le elezioni per ben due volte».
«D'altra parte l'immagine del Presidente del Consiglio che si difende personalmente in piedi e coi due indici alzati durante il processo Sme non rappresenta un modello per gli italiani?», è la domanda retorica di Lussana.

«Infatti - conclude Belpoliti - Berlusconi è un sintomo per conoscere la nostra cultura e il berlusconismo non è esterno a noi ma dentro di noi».
Prossimo appuntamento lunedì 13 luglio col libro «Non vi lascerò orfani» di Daria Bignardi.

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